LA SCRITTRICE AMAVA LE CONFIDENZE DEGLI ASSASSINI Cinema 22 Aprile 2015 ELOGIO DEL BAR DI GOLIARDA SAPIENZA: LA SCRITTRICE AMAVA LE CONFIDENZE DEGLI ASSASSINI. IL BAR COME LUOGO DI CONFRONTO E CONFORTO di ROMOLO RICAPITO E’ stato pubblicato per Elliot “Elogio del Bar” scritto da Goliarda Sapienza, 64 pagine, 7,50 euro. Trattasi di un ennesimo testo volto alla riscoperta di un’autrice che post mortem è stata rivalutata appieno, scoperta o riscoperta. Un titolo fra tutti: L’arte della Gioia, pubblicato postumo nel 1998 da Stampa Alternativa, da molti considerato un capolavoro. Nel 1983 la Sapienza ebbe successo con L’Università di Rebibbia, storia autobiografica che narra di quando venne rinchiusa in carcere, per avere derubato di preziosi gioielli una sua cara amica. Nata a Catania nel 1924, si spense a Gaeta nel 1996. Fu inizialmente attrice di cinema e teatro. La prefazione dell’ultimo libro è di Angelo Pellegrino, che fu suo marito dopo il legame della Sapienza col regista Citto Maselli. Il bar è per Goliarda Sapienza un luogo dell’anima: avendo abitato per lungo tempo ai Parioli, quartiere romano dove questi locali sono perlopiù assenti, ricercava le tipiche situazioni di dialoghi , occasionali e non, che sorgono in questo tipo di esercizi pubblici. Ciò anche come un retroterra della sua Sicilia, isola dove la cultura del bar è diffusa, appunto come posto socializzante e di integrazione. I Parioli erano anche privi dei cosiddetti Caffè, se si fa eccezione per l’Hungaria, che adesso è uno snack bar per uffici. Per inciso proprio l’Hungaria compare in tutti i più recenti romanzi di Giorgio Montefoschi. Goliarda Sapienza si spostava dunque in Via Veneto (allo Strega) , oppure in quartieri popolari dove i bar non erano troppo lussuosi né particolarmente ricercati. Bar dunque come luogo della rimembranza. Ma anche, o soprattutto, come posti dove attingere informazioni sulla città, sul quartiere di appartenenza, sul popolo. Donna dal carisma inarrivabile, Goliarda Sapienza sapeva avvicinare la gente con naturalezza e maestria, facendo leva su una forma autoritaria spesso accompagnata da un sorriso irresistibile. Secondo Guttuso, infatti, quando rideva la Sapienza aveva la bocca e l’allegria di una fetta di cocomero. La vita della narratrice terminò a Gaeta, dove’ continuò a frequentare bar e panetterie in un’atmosfera solare che la riportava sempre più spesso alla natia Sicilia. Il libro si sofferma sull’incontro della scrittrice con un assassino, che le rivela i suoi più reconditi segreti. Trattasi di un fascista reduce di 28 anni di carcere. La Sapienza nutre un concetto preciso : LA NOIA MI SPAVENTA, PREFERISCO PASSARE UNA NOTTE IN TRENO CON UN OMICIDA. Ci riesce, spostandosi dal treno al bar. L’uomo le quantifica le vittime da lui ammazzate; per una forma di antico pudore la Sapienza non ne trascrive il numero, che ha davvero dell’incredibile . Umanità e disumanità convivono nello sconosciuto, che si commuove al pensiero di tornare a casa dalla bionda figlioletta di 3 anni. Più avanti, ancora sprazzi d’infanzia, la passione per le sigarette Muratti e la voglia di annullarsi con esse, magari prima di essere diventata una vecchia indecente che gira per i laboratori di analisi ormai malata: è questo che pensa delle quasi coetanee all’ultimo stadio dell’esistenza. Nel bar Goliarda riceverà in anteprima la notizia della scomparsa di Cesare Zavattini (1902-1989) . Il detto siculo U Stissu Mortu Insigna a Chianciri (lo stesso morto insegna a piangere) si rapporta all’elaborazione del lutto e al culto dei morti, che diventano guide e maestri di vita per i vivi. Lo stesso “Elogio del Bar” rappresenta per Goliarda Sapienza una sorta di testamento spirituale. Ma sentiremo ancora parlare di lei.