INCONTRO SU NINO ROTA A BARI. “Maestro, sei nell’anima e là ti lascio per sempre”… Cinema 30 Aprile 2015 ROMOLO RICAPITO Si è tenuto presso la libreria Quintiliano a Bari mercoledì 29 aprile un incontro con la pianista Angela Annese, insegnante presso il Conservatorio di Bari, vertente alcune sue personali ricerche sul privato e il pubblico del compositore Nino Rota che andranno alla fine a formare un progetto che intende restituire l’integrità artistica e la statura di questa eccellenza della musica ai posteri. Tali studi hanno già portato alla messa in scena dello spettacolo L’Amico Magico, che Annese porta in scena da qualche tempo insieme all’amica Milena Vukotic, popolare e multiforme attrice di indiscusso talento. Si è detto che Nino Rota fu un cliente assiduo della Libreria Quintiliano, sin dalla sua apertura nel lontano 1967. Il Maestro era solito comprare presso l’allora cartolibreria le matite che poi usava per creare le sue composizioni. Angela Annese che ha già inciso un cd su Rota, sta studiando delle lettere inedite del musicista che permettono di entrare meglio nella vita di questa eccellenza del ‘900. All’incontro hanno preso parte anche il giornalista Manlio Triggiani e la performer Silvana Kuhtz. La Kuhtz ha letto e recitato una lettera di Federico Fellini che parla della scomparsa dell’amico Nino durante la realizzazione nel 1979 del film La Città delle Donne. Quello tra il cineasta e il musicista fu un rapporto fiduciario “senza mutamenti né oscillazioni” : i due ebbero da subito la sensazione, appena incontratisi, di conoscersi da sempre. Fellini riscontrò in Rota una “estrema disponibilità unita alla totale assenza”. Nino Rota era un ossimoro vivente, galleggiava in un mondo “altro”. Egli ad esempio era sempre puntuale, pur non possedendo un orologio. Grande musicista, ma anche grande orchestratore: i motivi musicali li custodiva dentro di sé già prima di crearli. Di solito il Maestro componeva dopo il tramonto; era il vespro la condizione ideale dello spirito che lo portava a immortalare sul pentagramma la sua complessa ma nello stesso tempo semplice interiorità. Nino Rota “era come un medium alla ricerca della nota giusta”. Conobbe anche il grande sensitivo Gustavo Rol, che fu frequentato spesso anche da Fellini. Ma spesso Rota si dilettava al pianoforte componendo di getto melodie bellissime che però subito dopo dimenticava. Per conservarle, perciò, Federico Fellini si attrezzò con magnetofoni sistemati vicino al pianoforte. Ancora, quella tra Fellini e Rota fu “un’amicizia cresciuta sui sogni”. “Amico Magico” è la definizione iconica del Maestro. “La presenza in quello che attualmente stiamo vivendo a Bari è palpabile, particolarmente tra chi ama la musica e i musicisti”, ha detto Angela Annese. Milena Vukotic conobbe Nino Rota durante la realizzazione per la televisione del celebre Giornalino di Gian Burrasca, nel quale interpretava una delle sorelle di Giannino Stoppani; l’incontro avvenne in casa della regista Lina Wertmuller. Angela Annese ha però tenuto a puntualizzare che Rota non può e non deve essere identificato soltanto col cinema di Fellini o la colonna sonora de Il Padrino . Esse infatti non sono nemmeno le raffigurazioni più importanti della vita del Maestro. Si consolida dunque nel tempo la statura di Nino Rota, scomparso nel 1979, attraverso i ricordi, gli aneddoti ma, soprattutto, la sua musica, studiata nei licei musicali e nei Conservatori. Esiste un fondo Nino Rota presso la Fondazione GiorgioCini di Venezia, ma tale onlus gode di scarsi mezzi economici. Di Rota si è ricordato lo straordinario rapporto simbiotico con la madre Ernesta, figlia del musicista e compositore Giovanni Rinaldi. Ernesta fu copista e coscienza critica di Nino, oltre che sua Musa Ispiratrice. Le lettere, numerose, che egli le indirizzò sono andate tutte perdute. Esiste però un diario di Ernesta Rota Rinaldi che arriva agli anni Cinquanta e che illustra in modo significativo la personalità schiva del maestro. Nato a Milano, arrivò al sud nel ’37 per insegnare solfeggio al liceo musicale di Taranto ” Giovanni Paisiello” , dopo avere vinto un concorso. Nel 1939 è già a Bari come direttore del liceo musicale e in seguito del Conservatorio che attualmente porta il suo nome, Rota scrisse diverse lettere al critico Emilio Cecchi a Firenze, alla moglie Leonetta Cecchi Pieraccini (pittrice) e a molti altri. Speciale fu il suo legame con i Cecchi, dunque, inclusa la nota sceneggiatrice Suso CecchiD’Amico. Tali sodalizi umani attengono alla prima parte della sua vita (sui 20 anni). Il tramite per la conoscenza di Leonetta fu la nota intellettuale e giornalista Margherita Sarfatti, amante di Benito Mussolini. Le lettere esaminate dalla prof. Annese l’hanno portata a conoscere Rota senza censure né infingimenti : una ricca vita interiore da libero intellettuale, riservato ma “grafomane”, anche con compagni di strada come Gian Francesco Malipiero, compositore e critico musicale, Luigi Dallapiccola, pianista e Goffredo Petrassi, compositore e didatta musicale. Il pensiero portante di Nino Rota musicista si estrinseca con questa breve nota: egli era “inattuale” nel suo tempo perché si batteva per la comprensibilità del discorso musicale. E dunque per la sua universalità. Tale giudizio lo rendeva “sodale” di Benjamin Britten, che sosteneva la medesima concezione. Tutto ciò a scapito del sentire dei suoi contemporanei, soprattutto di quegli “intellettualoidi” che non lo ritenevano degno del consesso dei grandi musicisti appartenenti al Secondo Novecento Musicale. Tramite la conoscenza di Eduardo De Filippo, Nino Rota si attivò per comporre Lo Scoiattolo in Gamba, opera per bambini: il grande commediografo lo ispirò in tal senso. Riguardo Fellini: il cineasta “pretendeva” da Nino Rota “una musica allegra, ma che fosse anche triste. veloce, ma lenta“. Dunque altri ossimori, che rincorrevano il grande Maestro come un destino. Riguardo le composizioni, la Annese ha decretato che quelle di Rota attengono a un linguaggio asemantico che parla per simbolismi e per misteri profondi. Le sue capacità hanno a che fare con il Genio. La sua musica, in definitiva, è inclassificabile e non si può descrivere a parole e “resta un mistero rispetto ai soliti canoni universalmente riconosciuti”.