Allo Showville il film candidato a tre premi Oscar “Brooklyn”: splendida la protagonista Saoirse Ronan e ottima la sceneggiatura di Nick Hornby – di Romolo Ricapito Cinema Cultura 18 Marzo 201618 Marzo 2016 di Romolo Ricapito Saoirse-Ronan-al centro E’uscito proprio in occasione della festa di San Patrizio il film Brooklyn, storia che ha un incipit in Irlanda e vede una giovane donna alle prese con il suo espatrio in America, nei primi anni Cinquanta. Ma c’è anche un ritorno nella terra d’origine che la metterà a confronto con la sua evoluzione, a livello di maturità e sentimenti. Perfetta l’interprete, Saoirse Ronan, di nazionalità irlandese ma naturalizzata statunitense, che ha i colori tipici delle ragazze della sua terra: carnagione bianca, capelli rossi e occhi verdi. Il colore ha un ruolo fondamentale in questa pellicola diretta da John Crowley, anch’egli irlandese (il film ha ottenuto tre nomination agli Oscar: alla Ronan per la migliore protagonista, a Nick Hornby per la migliore sceneggiatura non originale e addirittura come miglior film). Il verde simboleggia l’Irlanda ma anche la sua interprete che è quasi sempre vestita di questo colore. Verde dunque che segna l’appartenenza della protagonista alla sua terra. Una volta che ella lentamente si ambienta invece negli Stati Uniti, il verde viene abbinato ad altri colori e lentamente sostituito con tinte chiare, per segnalare l’avviata maturità del personaggio di Eilis, da ingenua e timida adolescente a donna matura, consapevole e sicura di sé. Una scena del film “Brooklyn” Ecco dunque il cappotto verde che la accompagnerà nella traversata in nave dall’Europa al Nuovo Mondo, poi una maglia verde a maniche corte o abiti dai tessuti leggeri, ovviamente sempre verdi. Lasciata la casa natia, un lavoro come panettiera e soprattutto l’anziana madre e l’amata sorella Rose, Eilis diventa commessa in un magazzino di lusso a New York; ma il prete cattolico che la segue spiritualmente a Brooklyn e che l’ha chiamata in America per offrirle tale lavoro, la indirizza ad un corso di contabile, pagato da un benefattore, per migliori opportunità future . “Vorrei smettere di essere una ragazza irlandese”. E’ una frase che Eilis pronuncia, forse perché vuole diventare a tutti costi “americana” ma non potrà mai rinnegare le sue origini . Emory Cohen e Saoirse-Ronan E’ un essere da plasmare (all’arrivo a N.Y. le viene consigliato da una occasionale compagna di crociera di usare rossetto, eye liner e mascara: la troppa innocenza non premia , soprattutto alla dogana e all’accoglienza degli emigranti …) , dunque Eilis crea empatia nel pubblico in quanto molti hanno provato l’esperienza di un cambio di città, o comunque dell’ ambientarsi in nuovi contesti, siano essi anche (o soltanto) lavorativi. La riproduzione dell’ambiente “Irish” in quel di Brooklyn è un classico delle minoranze: anche gli irlandesi come in questo caso, amano ritrovarsi tra conterranei in locali da ballo, o pub, nella fredda e apparentemente ostile New York . Le piccole balere sono l’unica occasione per i giovani di ambo i sessi di avviare le loro relazioni sentimentali. Ma spazio è dato anche ai pranzi con l’anziana affittuaria, che ha il ruolo di consigliera e “domatrice” di giovani ardori femminili. In questo ruolo, quello di Miss Kehoe, la bravissima Julie Walters, che ha ottenuto una doppia candidatura per un paio di premi importanti del cinema britannico. Non poteva mancare l’amore, che si realizza con un ragazzo italiano , Tony, interpretato da Emory Cohen. Tale interprete non è all’altezza della Ronan. Innanzitutto perché Cohen tutto sembra, tranne che italiano. Inoltre la sua recitazione, piuttosto scadente, con la testa ondeggiante, il volto che si muove come un budino ( oltre che scarsamente virile) rischia di danneggiare la pellicola. Per fortuna il personaggio non compare per l’intero film, altrimenti ne avrebbe compromesso la buona riuscita. Il germe dell’imprevidibilità contamina a un certo punto una pellicola che sarebbe stata troppo classica o, appunto, “prevedibile” grazie al ritorno della protagonista in patria, a causa di un evento drammatico. Qui la bella Eilis sarà una tentata tentatrice: diventerà infatti un personaggio ambiguo fatto oggetto di brame, desideri, insperati consensi e ponti d’oro. Ciò che l’aveva fatta fuggire (mancanza di opportunità di vita, in senso lato) pare essersi trasformato in una sorta di patria del Bengodi. L’America dunque appare ormai lontana, estranea. Il riappropriarsi del territorio è simboleggiato da un costume da bagno intero, ovviamente verde, acquistato a New York per i pomeriggi da trascorrere a Long Island col fidanzato, che viene ribattezzato nel mare d’Irlanda. In questa metamorfosi tra ritorno, potenziali tradimenti di quello che è stato lasciato a Brooklyn (partner sentimentale in testa) il ruolo di Eilis diventa quello di una potenziale perversa polimorfa. Ed è abbastanza strano che il suo personaggio venga ricondotto quasi per la retta via dalla bigotta e vecchia signorina Kelly (Brid Brennan) ex datrice di lavoro e zitellona che gestiva il forno dove Eilis lavorò e nel quale si vendevano pagnotte tutt’altro che fresche. La megera, autentica regina del gossip e della maldicenza, ha il ruolo, suo malgrado, di Grillo Parlante. Il film si attesta come ottimo a livello autoriale e interpretativo, grazie anche alla sceneggiatura dell’esperto Nick Hornby e a una sapiente ricostruzione d’epoca. Resta da strigliare, come già detto, la scelta del coprotagonista Emory Cohen, tra l’altro dallo scarso curriculum: scarso anche in altezza, in alcune scene è superato dalla testa della partner, magari quando costei calza scarpe con tacchi . L’effetto comico (involontario) è effettivo. Tra gli altri interpreti, per fortuna bravi, Jim Broadment (l’anziano padre Flood) .