La Pazza Gioia di Paolo Virzì in testa agli incassi. Bruni Tedeschi e Ramazzotti antidive superlative Cinema Cultura 22 Maggio 2016 La Pazza Gioia di Paolo Virzì trionfa negli incassi : sabato 21 maggio ha superato per media schermo il film della Marvel X Men-Apocalisse Paolo Virzi da noi fotografato al Bif&st film festival -Bari, Teatro Petruzzelli di Romolo Ricapito Francesca Archibugi al Petruzzelli per il Bif&st La pellicola, sceneggiata da Virzì con Francesca Archibugi, è in parte ambientata in un Opg (ospedale psichiatrico giudiziario) . Nei titoli di coda, inopportunamente ignorati dalla maggior parte degli spettatori, una scritta avverte che gli Opg sono stati chiusi nel 2015 con decreto legge promulgato dal presidente emerito Giorgio Napolitano. L’Opg nel quale sono “recluse”Beatrice Morandini Valdirana, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi e Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti) è una sorta di allegra comune nella quale le assistite vengono trattate amorevolmente da psicologi e suore. La sceneggiatura privilegia nella prima parte la Bruni Tedeschi che ha il ruolo di una donna della società più altolocata, caduta in disgrazia a causa della sua sindrome bipolare, che l’ha resa incostante negli affetti e vittima di un truffatore-amante, per il quale firmava ignara ogni documento, ritrovandosi una doppia condanna per bancarotta fraudolenta. Nell’ultima parte è favorita per par condicio la Ramazzotti, moglie di Virzì, nel ruolo più proletario di una maniaca depressiva con difficoltà economiche e che tentò il suicidio col figlio quasi in fasce. La bellezza del film sta tutta nelle situazioni-limite che vedono le due “antidive” prodursi in scene madri, a volte più comiche che drammatiche (la Bruni Tedeschi è privilegiata in questo grazie alla sua abilità di trasformarsi e adattarsi nel passaggio altalenante di donna bipolare con alti e bassi). Beatrice, che durante i dialoghi vanta amicizie con Berlusconi e ogni sorta di gotha della finanza e dell’industria, non si rassegna alla decadenza e tenta di “raggirare” ignari direttori di banca o gestori di ristoranti extralusso, mentre Donatella è la sua vittima privilegiata,o designata, in quanto di carattere più remissivo. Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi in una scena del film Il confronto tra le due donne si fa drammatico in una delle ultime scene durante le quali la Ramazzotti, nel ruolo della subalterna, si ribella ferocemente alla “padrona” che nella sua umanità e generosità ( amplificate dalla malattia) va oltre le regole, rivelandosi tra l’altro oltre che una fallita, principalmente una personalità dominatrice, capace di dilapidare un piccolo patrimonio appartenente anche alla sua amica, all’interno di una sala da gioco situata all’interno di un locale alla moda. Il film cita Gino Paoli e la sua canzone “Senza Fine”: in un dettaglio di libertà stilistica un personaggio, nel ruolo del padre musicista di Donatella, se ne attribuisce la paternità “regalai io il pezzo a Gino“, ma la colonna sonora contiene anche un brano del 1967 di Ornella Vanoni e Lady Marmalade delle Labelle, targato 1975. Il recupero dei valori familiari e dell’amicizia è uno dei messaggi del film. La Bruni Tedeschi è più impegnata a “disfare”, o a riallacciare il legame con l’ex marito,,che è anche il suo avvocato, piazzandosi nella sua lussuosa villa e ri-seducendolo, mentre la nuova moglie batte in ritirata. In una sequenza brevissima Bruni Tedeschi sfoggia il seno nudo. La Ramazzotti recupera in extremis il rapporto col padre (Marco Messeri) e a tratti con la stralunata madre (Anna Galiena) ma per lei è più importante riavvicinarsi al figlio, dal quale è stata allontanata. Il finale è rasserenante e accontenta gli amanti dell‘happy end.