Al Teatro Petruzzelli un”doppio Edipo” Cultura Teatro 20 Aprile 201720 Aprile 2017 di Romolo Ricapito Al Teatro Petruzzelli di Bari in esclusiva regionale la compagnia Mauri Sturno ha rappresentato la tragedia di Edipo in due atti: Edipo Re ed Edipo a Colono. Il primo atto, della durata di un’ora e 15” è stato diretto da Andrea Baracco con Roberto Sturno nel ruolo di Edipo “giovane”. Il secondo atto ha visto la regia e l’interpretazione di Glauco Mauri, nel ruolo di Edipo senescente. L’Edipo Re ha proposto un allestimento “innovativo” dato inizialmente dalla proiezione di una testa di donna (in stile cinematografico) su un impianto di muratura luminescente sui toni del grigio . Come effetto scenico una pioggia battente iniziale, attori con impermeabili, un laghetto (o pozzanghera) nel quale l’Edipo verso la fine dell’atto è un simil- Gene Kelly, che sguazza in acqua con le scarpe, anche se non balla. Il testo, del 430 a.c circa, è un apologo sulla distruzione ambientato a Tebe. Al cospetto del re Edipo viene introdotto anche un uomo moderno, in giacca e cravatta. E quindi Teresio, un saggio non vedente, che è una sorta di oracolo. La causa della rovina di Tebe e del suo monarca è insita all’interno di Edipo stesso. I suoi interlocutori rivendicano il diritto di un confronto alla pari. Ma Edipo è un ignaro, o un ignavo, della sua realtà e della sua destinazione. Egli appartiene a una “stirpe maledetta“. Ed è ciononostante disposto all’ascolto. Il binomio figlio e marito è la concausa, se non la causa principale, dell’autodistruzione in atto. Il cognato Creonte sembra un personaggio da varietà, o avanspettacolo, nella sua attualizzazione. La moglie-madre di Edipo, Giocasta è la paciera. Sulla coppia “scoppiata” influisce l’ombra di Laio, padre di Edipo e consorte precedente di Giocasta. Gli omicidi in famiglia giocano un ruolo principale nell’ambito delle nequizie che infestano il dramma. L’udienza pre-finale stile tribunale, con giudici improvvisati e vari testimoni è parte essenziale della rappresentazione che vede a un certo punto Giocasta illuminata a giorno. Un visitatore da Corinto entra in scena direttamente dalla porta che accoglie gli spettatori paganti. Edipo continua ad essere agito dai sensi di colpa riguardanti l’incesto. L’inchiesta si conclude con il protagonista che fa autoanalisi, autocritica e autocommiserazione. La chiosa del primo atto è allungata un po’ troppo. Sul palco c’è movimento, verbo, impegno e complessità, con trovate sceniche post moderno -futuriste sdogananti il vecchio, per reintrodurlo ed inserirlo come neoclassico d’essai. I risultati sono soddisfacenti, per l’impegno profuso dagli attori e dalla regia, tranne appunto i quindici minuti del finale, superflui o un po’ troppo prolissi. I movimenti, a meta tra fissità delle comparse e l’agilità dei protagonisti recitanti, risultano sulfurei, misurati e nello stesso tempo pregni di una sportività atta ad agitare il contesto , abolendone il più possibile la ieraticità . La seconda parte con Glauco Mauri, 86 anni ma non li dimostra, vede un “salotto” con figuranti coperti da abiti bianchi con cappucci. Una composizione geometrica di scale e rettangoli bianchi fa da sfondo. Edipo è cieco. Glauco Mauri, in mantello arancione con cappuccio, anche lui, porta a re Teseo la sua testimonianza. Attende la fine, le figure bianche si animano, mentre Edipo scopre il suo volto : la chioma è candida. Esule, “povero vecchio”, è ricevuto da quelli che inizialmente sembrano ospiti impietosi. Allora implora accoglienza, stabilendo una forma di empatia tramite il suo tragico narrare. Lo accompagna la figlia Antigone, definita più avanti come una sorta di elemosiniera: si annulla nell’assistere il genitore. Il confronto con l’Edipo Re classico che l’ha preceduto: l’allestimento, più semplice, mira a una forma verbale maggiormente comprensibile, essenziale e dunque lieve. I concetti, i significati, facilmente assimilabili sono introdotti mirabilmente da Glauco Mauri. Egli è attore e simbolo vivente di dedizione, adesione al teatro, classico e non, nelle sue forme e contenuti, quelli di comunicare l’essenza di vicende che cavalcano i millenni e si ripropongono intatte nel significato, da scartare come un prezioso cioccolatino e assaporare, al pari di ambrosia, o vino pregiato che non dà alla testa ma aiuta a riflettere su una condizione umana che attraversa il tempo, attingendo infine all’umana compassione. Il dolore dei figli ingrati, la morte che non arriva assieme al tempo che lenisce gli impulsi e porta a riconsiderare il passato con sereno anche se amaro distacco è il tema principale di Edipo a Colono. Il re salvò la città, uccise il padre, ma per autodifesa. Teseo, re giovane, è l’alter ego di Edipo. Creonte, che giunge in scena con un caftano nero-viola alla Demis Roussos vuole condurre Edipo nella terra comune e avita. Le due figlie sono i bastoni del vecchio re, mentre si attiva una difesa di Giocasta, ormai morta da tempo. Fu una madre-scandalo, ma a sua insaputa. Ignara del legame di sangue col figlio-marito, è destinataria di una confessione assolutoria che risulta convincente, da parte di Edipo, per lui stesso e per gli altri. Infine c’è lo svelamento di un figlio maschio di Edipo, vergognoso di simile paternità.