Lady Macbeth: il risveglio sessuale di una vittoriana oppressa. Cinema 21 Giugno 2017 di Romolo Ricapito Lady Macbeth diretto da William Oldroyd è un film inglese ambientato in epoca vittoriana e che ad alcuni ha ricordato Cime Tempestose, ma lo si potrebbe “abbinare” anche a L’Amante di Lady Chatterley per la relazione della protagonista con lo stalliere e per l’impotenza sessuale del marito di lei. Ispirato anche alla omonima opera scespiriana per una certa crudezza di fondo, è tratto comunque dal romanzo omonimo del russo Nikolai Leskov. La pellicola, splendida, assembla vari temi: i matrimoni d’interesse, la servitù alla mercè dei padroni (proprietari terrieri o comunque ricchi) il risveglio sessuale delle donne umiliate nella loro sensibilità dalla rigidità dell’Inghilterra dell’800, che le voleva relegare al focolare domestico e a una vita insoddisfacente, perché priva di emozioni esteriori. Alla protagonista, Catherine, non appena sposata, è imposta dal marito-padrone la “chiusura” in casa, nonostante lei vada ripetendo: “mi piace l’aria fresca” (in questo caso di una fredda brughiera del nord) Ma tale marito, Alexander Lester, ama più viaggiare per affari, per controllare le sue miniere, o per altri misteri e lascia la moglie sola e per giunta sempre illibata in compagnia della fedele serva di colore Anna, che in realtà è una sorta di guardiana. La serva poi riserva altri segreti: è l’oggetto sessuale di una mista compagnia di stallieri, servitori e contadini che ne hanno fatto una sorta contro- schiava, ma per i loro piaceri dissoluti. Però Catherine scopre tutto: assediata dal capo dei lestofanti (un affascinante stalliere di nome Sebastian) cede alle sue voglie. La coppia diventa quindi stabile e matura una passione fortissima che farà arricchire il carattere di lei, ma anche la trasformerà in una sorta di “femminista ante litteram” che ottiene la sua libertà con mezzi spietati e illeciti. La descrizione della mutazione quasi “genetica” di Catherine è perfetta anche nella recitazione e con la nuova gestualità: la sua timidezza iniziale, costretta in busti opprimenti e in abiti blu oceano che spazzano le scale, si declina e affina in una sorta di “regina” del Kamasutra ma soprattutto una virago che, dietro l’apparente obbedienza, è decisa a contrastare gli ordini dell’odiato suocero, il quale in assenza del marito vorrebbe opprimerla nella stessa maniera, facendone una perfetta e obbediente donna di casa, un oggetto come un qualsiasi soprammobile della ricca ma vuota magione . Del film si ammira la regia sobria che alterna panorami esterni (boschi e brughiere) agli interni della residenza di Catherine (ordine vittoriano, finestre che danno sul verde, un curioso gatto con pelo rasato, squallide stalle che fanno da contraltare a eleganti tavole senza tovaglia, imbandite principalmente di arrosto) . Questa sobrietà è un contraltare perfetto alla psicologia della protagonista che si allena a diventare da Cenerentola a una sorta di Crudelia Demon. Senza però l’ironia di quest’ultima. Interessante è il volto dai lineamenti marcati e delicati del suo amante interpretato da Cosmo Jarvis (americano di origine inglese e armena) mentre inquietante è l’apporto dell’attrice Naomi Akie nel ruolo dell’obbediente governante nera. Ma bravissimi anche Paul Hilton nel ruolo del marito e Christopher Fairbanks in quello del suocero. Niente è lasciato al caso dunque e l’eleganza formale della pellicola diviene anche sostanziale, ossia di contenuti e suggestioni. L’attrice che interpreta Catherine è Florence Pugh (1996) che è al suo primo ruolo importante, Insomma un battesimo coi fiocchi.