Il Mio Godard: film dicotomico che piace ma che rende il regista francese un insopportabile fanfarone (nella descrizione e nei dialoghi) Cinema 6 Novembre 2017 di Romolo RIcapito Il Mio Godard è un film dicotomico (che attrae e respinge) di alta qualità. Perché quest’opera risulta contraddittoria? Nel descrivere un Jean -Luc Godard trentasettenne (il regista transalpino compirà 87 anni a dicembre) che si innamora di una sua attrice diciannovenne (Anne Wiazemsky) sul set di La Cinese, girato nel 1967, osserviamo un uomo sofisticato che respinge le sue opere di successo del passato giudicandole spazzatura, ma anche quelle dei suoi più apprezzati colleghi. Questo perché, di ideologia comunista, aderisce al maoismo e più avanti dunque alla Rivoluzione antiborghese del ’68 che tutto svaluta e disprezza. Ne emerge dunque (attenendosi alla sceneggiatura scritta dallo stesso regista, Michel Hazanavicious,) un uomo odioso in quanto presuntuoso, maleducato, arrogante e iconoclasta. E nella relazione con quella che diventa la sua seconda moglie (interpretata dall’anglofrancese Stacy Martin) pure opprimente: in nome del suo maschilismo le rovina la carriera, o si adopera con tutte le sue forze nel tentare di farlo. I dialoghi sono tutti incentrati su Jean-Luc Godard e sulla sua deriva politica. Tali dialoghi però diventano prolissi e generano uno straniamento nello spettatore: da un lato si è affascinati dagli arredi del film, dalle sue scenografie e dagli splendidi paesaggi estivi marini. Dall’altro, l’insopportabilità del personaggio di Godard ( così come viene descritto) e la ripetitività dei concetti da lui espressi in modo maniacale e anche poco intelligente (pare eterodiretto dall’Ideologia, che alla fine lo rende stupido) fanno perdere interesse alla trama che però nella seconda parte, con la svolta italiana (un viaggio nel Belpaese per incontrare i nostri registi Bernardo Bertolucci e Marco Ferreri) salva l’opera da una deriva monotona e alla fine inconcludente. Si diceva della parte estetica, ovvero estetizzante al massimo, con colori contrastanti (ad esempio i cuscini colorati di un divano blu, le bocche femminili di un quadretto inserito in una decorazione del muro di casa, gli abiti delle protagoniste , etc) e dunque piacevole anche, nella fattispecie, nel ricreare un mondo culturalmente ormai scomparso. Ma ci sono anche i cortei di contestazione contro la polizia francese ritenuta “nemica” dallo stesso Godard . C’è il disprezzo (guarda caso, Il Disprezzo è uno dei film più riusciti di Godard, quello con protagonista la Bardot) del regista per gli stessi gendarmi, per i fan che lo avvicinano (siano essi profani o cineasti in divenire). Infine il fatto di non lasciare la libertà artistica alla sua donna rivela la malafede di base di un personaggio odioso che nel film viene descritto anche come realizzatore di film inguardabili perché totalmente ispirati dalla Rivoluzione e dal maoismo (dopo la svolta politica) ma non mutuati dall’apporto della sua proverbiale genialità; piuttosto, da un’aderenza modaiola al Libretto Rosso. Il film è appunto basato sul libro Un an après di Anne Wiazemsky scomparsa recentissimamente (il 5 ottobre scorso) a settanta anni di età per un cancro. La Wiazemsky in anni più recenti era diventata appunto una scrittrice di successo, anche di romanzi. Il personaggio di Anne interpretato da Stacy Martin è quello di una paziente Penelope pronta ad aspettare un marito però non assente (ma onnipresente) sulla strada di un ritorno alla ragione. Che non avverrà mai e segnerà uno spartiacque con il tentato suicidio dell’uomo. Questo gesto sconsiderato segna anche la fine del rapporto con la Wiazemsky. Il film si sostanzia anche per il suo erotismo patinato. Questo erotismo non è mai volgare ma rimane allusivo: all’inizio Anne è ritratta nuda distesa sulla pancia, in seguito sono presenti scene d’amore rappresentate in bianco e nero. Anche un cunnilingus pudicamente celato da una coperta. …Ma le raffinatezze comprendono un alternarsi di interno giorno in appartamento, con le immagini dei due protagonisti che diventano scure, illuminate come in una radiografia e a infrarossi. L’alternarsi di ciò è causato da un disco che si incanta e che il regista vuole rimanga ugualmente sotto la … Il film propone come colonna sonora anche due pezzi italiani: Azzurro di Adriano Celentano e Magic Moments nell’orchestrazione di Renato Carosone ma anche Quando Calienta el Sol nell’interpretazione di Talya Ferro. Tale versione propone un dialogo d’inizio in inglese e quindi l’esecuzione del brano in spagnolo. La Ferro è un’attrice poco nota che interpretò un film con Sidney Poitier in un ruolo minore . L’inserimento di questa hit è una delle tante raffinatezze di un film molto curato, fino all’eccesso, nella parte esteriore. Va detto che il titolo originale francese è Le Redoutable (Il Formidabile) e che tutta l’opera è ossimorica: piacevole e disturbante (per i monologhi noiosi di Godard, come già detto ). Proprio per questo però Il Mio Godard è un film che diventerà un piccolo classico da cineteca: non indulge al facile palato del pubblico più banale, ma stuzzica l’intelligenza dei veri cultori del cinema d’autore.