La storia di Annina, la studentessa di ginnasio che venne educata all’amore da una centenaria Cultura Tu mi dici...io ti dico 1 Febbraio 20181 Febbraio 2018 di Romolo Ricapito Annina era una ragazzina di 15 anni che nel 1963 frequentava la quinta ginnasio al liceo Quinto Orazio Flacco di Bari. Era figlia di una casalinga e di un operaio e le piaceva molto studiare. Abitava in via Dante Alighieri e nello stesso stabile le capitava di scambiare spesso tanti discorsi con una coetanea, Patrizia Sforza, che frequentava lo stesso liceo e guarda caso proprio la quinta ginnasio, ma in un’altra sezione. Capitava allora che incontrandosi scambiassero opinioni e informazioni circa i loro studi. Annina non usciva quasi mai se non per andare in chiesa. Patrizia più spesso, anche perché aveva molti cugini e cugine coi quali si faceva delle visite a vicenda. Ma la colonna portante della famiglia di Patrizia era la nonna centenaria, Pasquina. Annina non aveva mai visto la decana, ma le mandava sempre i suoi saluti e la vecchia contraccambiava tramite la nipote. Un giorno gli Sforza dovettero partecipare a un matrimonio di una cugina e non sapevano come fare per non lasciare sola la nonna. I cugini erano stati tutti invitati e lei rischiava di rimanere sola, inoltre era malata e non poteva essere trasportata. Allora Patrizia chiese gentilmente all’amica se per una giornata avesse potuto badare all’anziana. Annina accettò anche perché avrebbe comunque sfruttato l’occasione per conoscere la nonnina e poi a scuola c’era una “tre giorni” di pausa per il restauro della sua classe ad opera dei muratori. L’esperienza di piccola badante fu bella anche perché Pasquina era una nonnina deliziosa dagli occhi azzurri acquosi e che le raccontava mille aneddoti, soprattutto sulle due guerre. Poco prima del ritorno dei parenti, Pasquina regalò ad Annina un anello. Notando quanto fosse prezioso, la ragazza voleva rifiutare: era in oro zecchino. Ma la nonnina le disse:non posso lasciarlo in eredità a mia nipote, sarebbe irriguardoso. Tienilo tu. Me lo regalò nel 1903 il mio amante, Nicola C. che faceva il ferroviere. Ci amammo a lungo e nessuno scoprì mai nulla. Ci vedevamo di nascosto: io avevo la scusa di portare i vestiti alle signore che li volevano. Lavoravo saltuariamente come sarta. Ora voglio che sia tu ad ereditare l’anello. Ti porterà fortuna. Ma ricorda: quando sarai sposata, fatti un amante. E’ un toccasana contro la noia. Il matrimonio è una prigione, senti a me. E che il tuo amante sia bello e focoso come il mio Nicola”. Annina fu sconvolta dal racconto: ma era giovane e inesperta e pensò che la nonnina avesse ragione. “Ho un ultimo desiderio, cara. Mi canti la canzone Giovane , Giovane? E’ la mia preferita.” concluse la vecchia. “Quella di Pino Donaggio? rispose Annina. “Sì-sospirò nonna Pasquina-proprio quella. Allora Annina intonò con voce flebile: Giovane giovane giovane,hai tutta una vita da vivere ancor, ridono ridono ridono, ti ridono gli occhi pensando all’amor”. La nonnina ascoltando le note del brano battè le mani contenta. Due giorni dopo Pasquina morì. Una vita di cent’anni, lunga e irreprensibile, almeno agli occhi dei suoi cari. Nel 1983 Annina aveva ormai 35 anni. Era sposata con un notaio di 23 anni più anziano e viveva nel lusso in un grande appartamento di Via Principe Amedeo. Aveva tutto, o quasi: il marito, geloso, le aveva infatti impedito di insegnare lettere. E lei senza la gioia di un figlio (non erano venuti) trascinava la vita con lentezza. Inoltre il marito, Biagio, era freddo e indifferente. Non le mancavano gioielli, pellicce, vita di società. Ma era infelice. A luglio suo marito era in viaggio di lavoro a Milano, dove in realtà portava avanti una relazione con una donna della sua gioventù che si era trasferita al nord e con la quale manteneva i contatti. Annina prendeva il bus per distrarsi alla mattina e andava al lido di San Francesco all’Arena. Il bus era stracarico di famiglie e frugoletti urlanti, ma non le importava.La spiaggia era quella dove lei aveva imparato a nuotare da bambina. La solitudine di Annina fu notata da Gustavo, un biondino sui 24, studente di economia e commercio. Una parola tira l’altra, i due erano finiti prima al bar per un caffè, poi nella cabina che il giovane, o meglio la sua famiglia aveva affittato per l’intera estate. Col cardiopalma, durante le ore nelle quali tutti prendevano il sole, i due erano diventati amanti e avevano rapporti sessuali veloci, ma soddisfacenti, con i quali sfogavano la loro passione, Tempo al tempo e Annina rimase incinta. Se ne accorse due mesi e mezzo dopo. L’estate era passata. Il bimbo era senza dubbio di Gustavo: ma se lo sarebbe tenuto facendolo passare come erede di suo marito, il notaio. Anche perché il bel Gustavo nel frattempo le aveva confidato di avere messo incinta la sua fidanzatina ufficiale e di volerla comunque sposare: il suocero gli aveva già affidato un posto in banca. Ma, non volendo rinunciare a nulla, nemmeno al proprio orgoglio, i due amanti stabilirono che avrebbero continuato la relazione all’infinito e che Gustavo sarebbe stato una sorta di padre d’ombra, presentato con sotterfugi in casa come amico di famiglia. Tra un bancario e un notaio un collegamento si può trovare. Stabilito questo patto demoniaco, Annina e Gustavo furono felici. “Nonna Pasquina, ti ringrazio” gridò al cielo Annina, osservando il prezioso anello in oro zecchino che la vecchia le aveva regalato tanti anni prima “Avere un amante bello, focoso e giovane è la cosa più bella che c’è”. Messo sul giradischi quel vecchio 45 giri, Annina ballò e cantò da sola questi versi: “…Oh oh oh giovane giovane giovane, hai tutta una vita da vivere ancor . Fermala al volo bella com’è, giorno per giorno tutta per te . Giovane giovane giovane, sei come me .” 1 febbraio 2018