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Beneficenza? No, grazie! La reazione di un pubblico stremato dalle richieste

 

di Romolo Ricapito

Dopo avere assistito a uno spettacolo teatrale le due attrici in scena (ma era successo altre volte) rivolgendosi al pubblico presente invitavano  a lasciare un contributo volontario diretto a una onlus benefica i cui addetti, o incaricati, si trovavano nello spazio antistante l’ingresso del politeama..
 Oltre a tale contributo, volendo, si poteva acquistare il libretto della pièce, il cui ricavato, o parte di esso, sarebbe stato indirizzato sempre alla stessa onlus.
Dopo le raccomandazioni  delle artiste che invitavano ad essere generosi, si sono aperte delle porte laterali, quelle che introducevano direttamente in strada.
Ebbene, un po’ per comodità, ma soprattutto perché sordo all’appello, la maggiore parte del pubblico ha ignorato l’ingresso principale  per tornare a casa da quello  “di servizio”.
Tra le possibili motivazioni, anche ascoltate da me personalmente, questa: “già il biglietto d’ingresso era caro, figuriamoci fare anche la beneficenza!”.
Va detto, a discolpa di simile comportamento, che siamo subissati da inviti ad elargire soldi per beneficenza da molti show televisivi che pubblicizzano numeri ai quali inviare sms o telefonate dal fisso. Tali operazioni hanno un costo che va dai 2 ai 5 euro.
Le offerte sono destinate alle più diverse associazioni benefiche o di ricerca medica etc…
Penso che la continua richiesta di denaro, anche se fatta in buona fede, generi alla fine disaffezione e addirittura insofferenza.
Ciò è diverso dal contributo spontaneo che i nonni o i nostri genitori inviavano ad associazioni caritatevoli (tramite C/C ) ossia quelle che  chiedevano soldi per posta, offrendo magari piccoli omaggi come cartoline augurali natalizie o pasquali assieme al bollettino di pagamento in bianco.

One thought on “Beneficenza? No, grazie! La reazione di un pubblico stremato dalle richieste

  1. beneficienza.
    nelle comunità primitive il dono costruiva tempo, generava una aspettativa: ti do una cosa, mi aspetto, nel tempo, che mi darai un’altra cosa.
    il dono si concretizzava in denaro, nelle società che lo avevano inventato. il denaro è l’elemento spirituale più elevato che la mente umana abbia generato. la Chiesa romana, utilizzava il fundraising, o il crawfounding, come forma di recupero di denaro che serviva per costruire quelle immense Case di Dio, le Chiese, romaniche, gotiche, barocche. Era la risposta ai castelli dei principi, e ai palazzi imperiali. Il popolo partecipava, donava, si identificava nella funzione della Chiesa, si aspettava che la sua anima dimorasse in Paradiso, con i Santi e i virtuosi, al cospetto del Padre Eterno. Era la funzione sociale ed antropologica del dono, come denaro per le indulgenze. La Chiesa trattava le anime, il denaro era riposto in mani sicure. Ora l’uomo si è inventato le istituzioni, che provvedono a tutti i bisogni dell’uomo: ricerca, povertà, cultura, salute, ecc. Però, la insistenza con cui alcune volte viene chiesto tale “obolo”, infastidisce. Non significa che il cittadino abbia perso il senso della comunità, ma delegare altri agli scopi della beneficienza. In un momento in cui lo Stato dovrebbe farsi carico della risoluzione della povertà per decreto legge, perché devo dare un dono alla ricerca scientifica. Se una compagnia d’arte, oltre al biglietto di ingresso, mi chiede altro, a che serve il costo del biglietto. Forse non vi sarà stata una comunicazione efficace da parte del richiedente, perché non voglio credere ad un abbruttimento delle coscienze, da stizzirsi quando viene chiesto 1 euro per i terremotati. In quel caso forse un certo monaco dovrebbe resuscitare. un abbraccio nicola cristofaro

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