Coronavirus: La funzione dell’informazione durante le epidemie Attualità Storia 14 Aprile 202014 Aprile 2020 di Nicola Cristofaro Dopo il breve excursus storico su alcune epidemie che hanno sconvolto l’umanità, in particolare l’Europa, saranno esaminati due aspetti essenziali che hanno caratterizzato le stesse e che sono ritrovabili pari pari nell’odierno flagello. (vedi articolo del 13 aprile, ecco il Link: https://www.gazzettadaltacco.it/2020/04/13/lattualita-delle-epidemie-dalla-peste-di-atene-alla-spagnola/) Si tratta della funzione della informazione, e delle modalità di recupero dell’economia post epidemia. Informazione. Come è noto, la percezione che i centri decisionali hanno del rischio dell’epidemia diventa l’oggetto della loro comunicazione. Nella peste del 1300, l’unico sistema di prevenzione era quello dell’ isolamento delle città. Quel secolo aveva conosciuto uno sviluppo notevole dei commerci, dell’agricoltura, delle finanze. L’informazione consisteva nella emissione di editti (Consigli e Regimi) volti alla sepoltura di massa dei cadaveri, obbligo di denuncia degli ammalati e relativa quarantena, i preti non potevano somministrare l’estrema unzione, se non da lontano, così anche i notai non dovevano avvicinarsi a raccogliere le ultime volontà dei clienti. Disinfestazione dei locali, arieggiamento, pulizia con miscele di vario tipo, a base di aceto. La trasmissione del bacillo avvenne con le navi. Pur essendo a conoscenza del pericolo, alcuni porti furono chiusi con ritardo, quali Venezia, Livorno, Genova. L’informazione era gestita dal potere economico, che aveva interesse a sottovalutare l’esplosione della peste, per continuare i commerci, almeno per esaurire le rimanenze. Nel 1629, oltre alla chiusura delle città, seguì l’isolamento dei malati, con la costruzione dei lazzaretti. Il potere politico, nel caso di Milano, aveva un altro interesse, quello di favorire il passaggio dei lanzichenecchi per la guerra tra spagnoli e francesi, per il Granducato di Mantova. A Milano ci fu una festa per la nascita del primogenito di Filippo IV, senza alcun timore che il concorso di folla nelle strade potesse facilitare la diffusione del morbo. Le autorità sanitarie e politiche di Milano mostrarono un’incredibile negligenza nell’applicare le minime misure di prevenzione per evitare che il contagio si propagasse alla città, al punto che la Grida che imponeva il cordone sanitario non fu emanata che il 29 novembre, quando ormai la peste era già entrata a Milano. Per ordine del Tribunale della Salute venivano costretti alla quarantena nel lazzaretto tutti i malati o le persone sospette, il che spingeva molti a nascondere i casi di peste e i decessi (la cosa contribuì al propagarsi dell’epidemia), mentre la voce popolare non credeva alla peste, ed accusava di incompetenza e connivenza col Tribunale stesso quei medici che si erano adoperati per fronteggiare l’emergenza. Furono proprio i casi di peste tra le famiglie aristocratiche più in vista di Milano a convincere la popolazione della realtà dell’epidemia, anche se il Tribunale di Sanità inizialmente parlò ancora di “febbri pestilenti” e “maligne” per non allarmare i cittadini, mentre le autorità politiche si mossero con estrema lentezza per cercare di assicurare alla città il necessario vettovagliamento in vista di una recrudescenza del morbo. Quella del 1630 fu particolarmente virulenta e colpì tanto le popolazioni rurali quanto i ceti imprenditoriali e artigiani, causando una crisi economica che venne superata nel corso di vari anni (se ne ha un accenno nei Promessi Sposi, poiché Renzo acquista in società col cugino Bortolo un filatoio di seta nel Bergamasco il cui proprietario è morto a causa della peste e gli affari stentano a decollare per la scarsezza degli operai). l’incuria e la negligenza mostrate dalle autorità milanesi nel sottovalutare il rischio del contagio, e poi nel tacere e minimizzare la pestilenza quando essa era già scoppiata. Anche per la spagnola, i politici ne minimizzarono la portata, perché quel morbo colpiva soprattutto i giovani, che ritornavano dalla guerra, accentuando la disgregazione delle famiglie. Venne meno la fiducia sociale che ha limitato la crescita economica per vari decenni a venire. Oggi il Coronavirus. Anche in questo caso si nota il ritardo nella comunicazione da parte della Nazione di partenza del virus (Cina). Forse nel tentativo di gestirla sotto il profilo medico, e di non allarmare il resto del mondo, per gli intensi rapporti economici. Questo ha causato ritardi per gli altri Stati nell’approvvigionarsi dei strumenti di tutela personale degli operatori, e dei posti letto per i malati. Il distanziamento sociale, che si è visto come unico criterio di prevenzione a partire dal Medioevo, è stato attuato con ritardo dai vari Stati. Vedi Trump e Johnson, fautori della immunità di gregge. Ma anche di alcuni Comuni, focolai, che hanno segnalato con ritardo alle Regioni e all’autorità centrale lo stato dell’arte. Gli Stati, con più o meno tempestività, hanno emesso provvedimenti di quarantena e di isolamento, che vengono fatti rispettare in vario modo, dalle sanzioni amministrative (Paesi occidentali), manganellate (India), coprifuoco (Turchia), militari che bloccano le strade (Cina), fucilazioni (indonesia), tracciamenti via satellite (Corea, Cina, Giappone), o silenzio totale (Corea del nord). Come si può notare il livello di democrazia del singolo Paese detta le regole decisionali. In ogni caso la informazione è piegata dalla percezione del rischio e della perdita del consenso dei politici nelle democrazie, meno interessati nelle autocrazie. Scelte altalenanti in alcuni Stati occidentali, nella convinzione che il libero arbitrio sia sufficiente a responsabilizzare le azioni individuali. (Usa e GB, anche in Svezia) quando si sono resi conto che il popolo, come quello di Milano del 1630, non è tanto convinto dei disastri della epidemia in essere. Con ripensamenti repentini, ma sempre in ritardo. La maggior parte degli Stati si sono dotatati di brain trust, che è una soluzione strategica usata più volte. Si inventano gli esperti del rischio e si occulta il rischio degli esperti. Gli esperti servono per disporre, negli spazi tra politica ed economia, di individui ai quali comunque e sempre sia possibile imputare le conseguenze della privazione dell’accesso alla salute come rischio che essi avrebbero potuto evitare. 14 aprile 2020