Unione Europea: necessità di una riforma della governance per non cedere ai ricatti di Polonia ed Ungheria Attualità Europa 23 Novembre 2020 di Giuseppe Ventesimo L’UE e il problema dell’unanimità: necessità di una riforma della governance e necessità di non essere più ostaggio di paesi che beneficiano della membership UE ma non rispettano lo stato di diritto. “Per un’Europa libera e unita” Questi giorni sono cruciali ed importanti per l’UE nella lotta al Covid-19 e per lo sviluppo del vaccino e per la sua successiva distribuzione per tutti i cittadini. Infatti si sta programmando il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021-2027, nel quale è compreso il grande piano di rilancio con ingenti risorse, detto Recovery Plan o Next Generation EU, strumento importantissimo e determinante per la ripresa economica dell’intera UE. Dopo aver trovato un accordo tra Parlamento Europeo e Consiglio per la sua approvazione, adesso è presente un intoppo per la sua realizzazione. Questa battuta d’arresto viene dal veto espresso in sede del Consiglio europeo dal governo polacco e dal governo ungherese. La Polonia e l’Ungheria stanno bloccando e rischiano di impantanare questo importantissimo piano di rilancio perché nel compromesso del bilancio c’è una clausola che dice che l’accesso ai fondi europei è legato al rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani, che sono valori e principi fondamentali su cui si basa l’UE. La Polonia e l’Ungheria sono in questi anni al centro della discussione in quanto in questi paesi i diritti umani e lo stato di diritto non è totalmente rispettato ed implementato e la loro tenuta democratica è in dubbio. Si pensi alla legge polacca che vieta il diritto di aborto per le donne, oppure alla scelta dei giudici della corte costituzionale polacca o dell’intera magistratura che non è indipendente oppure al controllo sulle università. Viktor Orban E per quanto riguarda l’Ungheria si pensi all’atteggiamento del Primo Ministro Viktor Orban che non risponde ai principi della democrazia e dello stato di diritto, infatti allo scoppio della pandemia e del primo lockdown prese nelle sue mani i poteri di controllare il paese mettendo a tacere le notizie che secondo lui fossero fake news, mandando in totale quarantena la democrazia e si vedeva in questi anni anche come il primo ministro ungherese si poneva nei confronti delle minoranze e nei confronti dei migranti che attraversano la rotta balcanica nella speranza di una vita e di un futuro migliore. Questi Paesi, tra i quali Polonia ed Ungheria, che erano paesi satelliti dell’ex URSS e dopo la caduta del Muro di Berlino e della cortina di ferro nel 1989, e la successiva dissoluzione dell’URSS nel 1991, hanno dovuto ristrutturare interamente la loro economia, passando da un’economia pianificata ad un’economia di mercato. Dopo un periodo di acuta crisi economica di questi paesi in seguito ad una repentina trasformazione e al cambiamento strutturale delle loro economie, nel 2004 sono entrate a far parte dell’UE in seguito al grande allargamento ad Est. Da quel momento c’è stata una ripresa economica in questi paesi, perché ci sono stati ingenti investimenti esteri diretti principalmente da parte della Germania, data la vicinanza territoriale e geografica e un forte investimento in infrastrutture e trasporti per collegare questi paesi e creare nuove reti e si sono create le catene globali del valore (GVC) a guida tedesca, lo si vede nel settore delle auto, dove le fasi intermedie della lavorazione (componenti, pezzi del prodotto) sono svolte da imprese dell’est europeo indipendenti o filiali delle imprese tedesche, dove il costo del lavoro è molto basso. Si è creato il “cuore manifatturiero” dell’Europa, che richiama gli antichi legami culturali degli inizi del Novecento quando ancora c’erano i grandi imperi. Si è creato un vero legame tra la Germania e i paesi Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia). I paesi dell’Est Europeo hanno beneficiato della PAC (Politica Agricola Comunitaria) in quanto la loro economia si basa sull’agricoltura e delle politiche regionali o di coesione con i fondi strutturali (FSE, FESR), in quanto il PIL pro-capite delle loro regioni è inferiore al 75% della media comunitaria e ci sono profonde disparità e squilibri interni (Città capitali e aree connesse all’occidente ricche ed avanzate e le aree rurali e periferiche arretrate) e del Fondo di Coesione, in quanto il PIL di questi Stati è inferiore al 90% della media comunitaria. La Polonia è il primo paese beneficiario delle politiche regionali o di coesione nel bilancio 2014-2020. Hanno beneficiato molto delle regole del mercato interno, infatti il loro Pil pro capite è cresciuto negli anni. Poi ci sono stati allo stesso tempo i timori degli stati membri occidentali che temono che l’ingresso di questi Paesi dell’UE portasse a un dumping sociale, in quanto i salari e le tutele sindacali sono basse nell’Est Europeo (mito dell’idraulico polacco, bocciatura Costituzione Europea, bocciatura direttiva Bolkenstein), dumping fiscale, in quanto essendo rilasciata agli stati membri la politica fiscale, adottano tassazioni basse con poca attenzione alle disparità interne per attrarre gli investimenti, e dumping valutario, in quanto questi paesi non adottano l’Euro e adottando cambi flessibili potrebbero creare distorsioni al mercato valutario. Paesi nel gruppo Visegard Avendo beneficiato e beneficiando ancora della loro membership UE, ci si aspetta una leale cooperazione e collaborazione con gli altri stati e con le istituzioni europee. Eppure un sondaggio condotto dall’UE afferma che il 72% dei cittadini polacchi e ungheresi sono d’accordo nel legare i fondi europei al rispetto dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani. Chi è già dentro l’UE e non rispetta lo stato di diritto e i valori fondanti l’UE, riportati all’art 2 TUE, c’è il meccanismo sanzionatorio riportato all’art 7 del TUE, che però trova la sua paralisi al secondo paragrafo, in quanto richiede l’unanimità per la continuazione della procedura. Questo perché c’è il metodo intergovernativo. Il metodo intergovernativo e il voto dell’unanimità devono essere superati perché rendono macchinoso e farraginoso il processo del policy-making e il processo di formazione delle norme comunitarie e del bilancio europeo. Bisogna dare maggiori poteri alle istituzioni indipendenti (Commissione Europea) e elette dai cittadini europei (Parlamento Europeo). C’è urgente bisogno di far avviare al più presto i lavori sulla Conferenza sul futuro dell’Europa per rendere l’UE più incidente e determinante al suo interno e nelle relazioni internazionali e recuperare lo spirito del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Ursula Hinchmaan “Per un’Europa libera e unita” e lo spirito dei padri fondatori. 23 novembre 2020