La storia di Jacopo. La madre Giada Giunti : “La giustizia italiana me lo ha strappato senza pietà” Cronaca 8 Dicembre 20209 Dicembre 2020 di Cinzia Santoro “Sono nata quando ho partorito mio figlio. La giustizia italiana me lo ha strappato senza pietà. Il dolore efferato che si prova non è descrivibile a parole. Solo Jacopo sa quello che il mio cuore grida.” Questa vicenda merita l’ascolto e il sostegno di tutta la società civile. Dovremmo scendere nelle piazze, unirci alle centinaia di famiglie che chiedono verità e giustizia per i loro figli rapiti da uno stato insensibile e crudele. Sono storie di vita spezzate, di drammi familiari e di dolore. I fatti accaduti in questi anni, nel più imbarazzante silenzio delle istituzioni, devono trovare risposte concrete e riportare la giustizia alla sua innata funzione. Ciò che è accaduto a Jacopo, potrebbe ripetersi per uno dei nostri figli. Era il 15 dicembre del 2016, Jacopo è a scuola, un luogo in cui ogni bambino dovrebbe sentirsi al sicuro. Ha salutato con un bacio la sua mamma, ha la merenda nello zaino e tanti amici che lo aspettano. In otto si presentano in classe, di cui cinque sono agenti dell’anticrimine. Vogliono che Jacopo li segua, senza reagire. Il bimbo urla, piange e si difende. Vuole la sua mamma. Tre ore di strazio, tra lo spavento dei compagni di classe e l’incredulità della maestra. Jacopo non demorde, lo bloccano e di peso lo conducono in macchina. Poi in una casa famiglia. Jacopo ha solo dieci anni. Giada durante la mattina sente una strana sensazione di sgomento, le manca l’aria ma ancora non sa che il suo amato figlio è stato portato via. L’intervista Giada Giunti Chi era Jacopo? Jacopo è sempre stato un bambino molto intelligente, solare, e responsabile. Rispettoso del mondo e felice della sua vita. Jacopo era divertente, anche una semplice uscita al supermercato diventava occasione per giocare. Ricordo ancora le sue facce buffe e i sorrisi della gente che mi chiedevano quanti anni avesse il mio bellissimo bimbo. I suoi occhi guardavano il mondo con dolcezza e innocenza. La sera, a letto, gli leggevo sempre qualcosa. Lo guardavo sempre mentre si addormentava sereno nel suo lettino, mi manca sentire il suo respiro leggero. Che tipo di rapporto Jacopo aveva con lei, la sua mamma? Ho cresciuto mio figlio nel dialogo, impegnandomi a trasmettergli i valori morali ed etici, quali il rispetto, l’amore, la ricerca della verità. L’ho sempre sostenuto nel percorso scolastico, era il primo della classe. Jacopo amava i suoi insegnanti ed era ben inserito con i compagni di scuola. Amava lo sport, era il mio piccolo campione di tennis. Si allenava con tenacia e passione presso un rinomato circolo sportivo di Roma Nord. Era orgoglioso di essere al trentesimo posto nella classifica della sua categoria. Dove vive Jacopo oggi? Jacopo vive con suo padre, contro la sua volontà. Un giudice ha deciso per lui, per tutti. Prima di questa sistemazione per ben due anni, Jacopo è stato collocato presso l’abitazione di mia madre in Toscana. E in precedenza per sette terribili mesi era stato ospitato in una struttura per minori fatiscente, sporca e maleodorante. Il dramma ha inizio 2010, quando decido di separarmi. Mio marito era ossessivo, violento, geloso. L’amore era svanito, offuscato dal possesso e da un uomo sempre triste, nervoso e agitato. Mi promise che si sarebbe vendicato della mia scelta. Le dichiarazioni della Signora Guidi sono avallate dalle relazioni dei Ctu nominati dai giudici nei diversi processi e che concordano sul definire il soggetto: un uomo violento, pericoloso con evidenti disturbi del pensiero e dalla personalità narcisistica Chi è oggi suo figlio? Jacopo oggi ha quattordici anni. Il bambino sereno, sorridente e sportivo non c’è più. È un ragazzo solo, non pratica nessuno sport e non ha amici. Sovente lo sento piangere al telefono, e invoca il mio aiuto. Ha paura mi dice. Io gli credo. Jacopo è solo, il padre che avrebbe dovuto amarlo e proteggerlo lo ha tradito, le istituzioni lo hanno devastato, gli adulti lo hanno deluso. Mi ha scritto: “Mamma non ce la faccio più a vivere senza di te, sono disperato. Ho bisogno di te, mamma. La mia vita è rovinata.” Jacopo è questo oggi. Che rapporto avete ora? Il nostro rapporto è d’amore, la sofferenza ci unisce. Il rispetto e la sincerità sono il collante del nostro rapporto. Che rapporto ha Jacopo con il padre? Jacopo ha sempre subito la personalità paterna. Poco presente negli anni del matrimonio, il mio ex marito si è sempre imposto. Nessuna comunicazione, nessuna condivisione. Jacopo ha terrore del padre, lo subisce. Le minacce e la violenza le vive sulla propria pelle. Cosa prova un bambino ad essere strappato dalla mamma che ama? Immagino che strappare un figlio dalla propria mamma sia un crimine efferato. Penso sia il dolore più grande che si possa infliggere ad un bimbo. Non è concepibile che in un società civile, i bambini vengano sequestrati e allontanati dalle famiglie con una violenza inaudita. Jacopo mi chiede sempre: “cosa ho fatto di male per meritarmi questo castigo?” Io resto in silenzio impotente. Vorrei abbracciarlo, stringerlo a me e portarlo a casa. Ma mi è impedito di vederlo perché sospettata di essere una madre alienante. La mia vita e quella di un bimbo innocente stravolta per sempre in nome di una patologia inesistente, la Sindrome di alienazione Parentale. La Convenzione di Istanbul declama: i diritti dei bambini testimoni di violenza vanno privilegiati rispetto ai diritti vantati dalle altre parti in causa. Il mondo giudiziario italiano disattende da tempo questa disposizione. Spesso la violenza viene confusa con il conflitto e il rifiuto del minore di incontrare il genitore violento sfocia in un inferno per il malcapitato. Il giudice avvia una consulenza tecnica di ufficio, affidando il caso a periti, che non tenendo conto dell’ascolto del minore, diagnosticano la Sindrome da alienazione Parentale. Un modo per occultare la violenza subita dal piccolo e dalla donna, di solito. Cosa hanno evidenziato le consulenze degli psichiatri Alessandro Meluzzi e Paola Notagiovanni sul danno subito da Jacopo in questi anni? I due esperti psichiatri hanno documentato il danno a cui Jacopo è stato esposto. Scrivono: Alla luce delle valutazioni cliniche effettuate e dalle carte processuali si evince per l’adolescente un gravissimo rischio psichico, dovuto al perpetrarsi della condizione di dolore con danni irreversibili allo sviluppo psicofisico dello stesso. Pertanto concludono augurandosi che Jacopo venga al più presto riportato a casa dalla madre per sanare le ferite psichiche derivanti dallo strappo emotivo subito. Una madre cosa sente quando in maniera violenta e improvvisa viene allontanata dal figlio? Ho sentito la terra aprirsi sotto di me, sono precipitata in un incubo, un inferno in vita. Nessuno dovrebbe mai provare questo dolore immane. I bambini vanno amati e protetti, strapparli dalle braccia amorevoli dei genitori è disumano. Cosa ha fatto per riportare a casa suo figlio? Ho fatto l’impossibile ma ovvio non è servito a riportarlo a casa. Combatto da sola contro un sistema iniquo, inumano e sordo al dolore. Il nove dicembre, con l’avvocato Carlo Priolo sarete in Piazza Montecitorio. Perché? L’avvocato Carlo Priolo presenterà Palamara non colpevole, un libro dal titolo ironico, che attraverso una ricerca socio-antropologica vuole portare alla luce un sistema giudiziario minorile, caratterizzato da omertà, torture, deliri pseudo-psicologici. Il cuore della ricerca restano i bambini e la loro sacralità. Il libro non è in vendita, ma è un modo per poter comunicare il dolore reale delle famiglie vittime del sistema. Invito tutti ad essere presenti, insieme abbiamo più forza. Veronica Giannone Della storia drammatica di Jacopo si sono interessati anche il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e l’onorevole Veronica Giannone, segretario della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza. Perché? Numerosi politici mi hanno espresso solidarietà, tra questi l’Onorevole Fabio Rampelli, l’Onorevole Veronica Giannone e il Ministro della Giustizia Alfonso Alfonso Buonafede e l’Onorevole Stefania Ascari. Proprio il ministro ha sottolineato la drammaticità della storia di Jacopo e numerose sono state le interrogazioni parlamentari. Cosa vorrebbe dire al padre di Jacopo? Mi rivolgo a lui chiedendo di fare la scelta giusta, di ascoltare suo figlio, Jacopo, di realizzare il suo sogno, riabbracciare la mamma. Io rinuncio agli indennizzi economici, non mi importa, desidero solo riabbracciare Jacopo e ridargli la serenità e la normalità che ogni ragazzo merita di vivere. Ha sofferto tanto. Crede nella giustizia italiana? Dovrei rispondere di no, visto che da dieci anni combatto un sistema perverso e criminale. Una società che non difende i minori e le donne vittima di violenza non può definirsi civile. Si parla di circa 120 mila casi di minori sottratti alle famiglie negli ultimi anni. Tanti. Ma io credo che solo una parte della magistratura sia corrotta, gli altri sono uomini e donne al servizio della giustizia. Ed è a loro che mi rivolgo, riportate mio figlio a casa. Ascoltatelo e dategli una voce. Ricomponete lo strappo prima che il danno sia irreversibile. Cosa dirà a suo figlio quando questa oscura vicenda finirà? Lo abbraccerò dicendogli che è stato forte e che lui non ha sbagliato nulla. Le lacrime scenderanno e saranno liberatorie. Le mie parole saranno d’amore, solo per lui, mio figlio. Poi rispetterò i suoi tempi e parleremo del dolore solo quando si sentirà pronto. 8 dicembre 2020
Questa è la situazione giudiziaria italiana: un ministro della giustizia che si dice solidale ma non manda gli ispettori per verificare l’operato del o dei giudici che hanno inflitto questo abominevole martirio al bambino e alla sua Mamma , non è onesto ne leale: è un complice vero e proprio ! Auguro dal più profondo del Cuore a questo bambino e alla Mamma di incontrare presto persone come il loro Avvocato, davvero perbene , che abbiano il potere di punire i responsabili e restituire Jacopo all’abbraccio vitale della Sua Mamma ! Luridi miserabili , possiate bruciare nel più profondo degli inferi!! Schifosi bastardi ! Rispondi
Un caso di ingiustizia che nel nostro Paese non dovrebbe accadere. Mai si deve strappare un figlio ad una madre che lo ami! Una sofferenza atroce inflitta a Giada è stata un reato, e come è successo a lei lo è stato in mille altri casi. Solo una mamma che ami il proprio figlio può comprendere ciò che è accaduto a questa donna ed io che lo sono, dico che Giada sia stata fortissima e che la forza di andare avanti l’abbia tratta proprio dall’amore per il suo bambino. Quest’ultimo rimarrà traumatizzato per la forzata lontananza dalla sua mamma e allora: dov’è la giustizia? Rispondi
Che mamma meravigliosa! Possibile che siano tutti sordi alle sofferenze di questo ragazzo? Non ci sono parole per tanta ingiustizia! Rispondi