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Come crescono i minori secondo il contesto di provenienza familiare.

di Nicola Cristofaro

Come risposta all’articolo di Giovanni Amoroso:

Giovanni Amoroso il padre che lotta per i minori. Perché togliere i figli ai mafiosi

L’articolo mette bene in evidenza come i figli di famiglie mafiose, se affidati alla madre, che si ispira ai medesimi criteri di educazione mafiosa, vanno allontanati dalla stessa. Quali sono i criteri di educazione mafiosa: sono gli stessi di qualunque gruppo sociale. Il notaio vuole che il figlio lo sostituisca, l’imprenditore vuole il figlio che lo rimpiazzi, il poliziotto vuole che diventi questore, o prefetto, il bidello che diventi preside, ecc. Insomma un avanzamento nella carriera del padre, il quale è ben felice di trasmettere il suo sapere al figlio, che ha una marcia in più in quel settore sociale. Se i genitori fossero i cosiddetti servi della gleba. ispirano i figli a istruirsi e ad andare altrove, con molta tristezza per l’abbandono.

La famiglia, tratta dal film “Il Padrino”di Francis Ford Coppola

Il mafioso ispira la sua famiglia a perseguire i suoi “ideali, in sintesi “fierezza, audacia, sentirsi senza limiti, cognome, rispetto delle regole, ovviamente le loro “regole”. Quelle regole vanno rispettate secondo il loro metodo sanzionatorio, che può prevedere anche la soppressione fisica, in un contesto tribale, quello alle origini della umanità. quando la regola cardine era la punizione oggettiva: un membro di una tribù aveva ammazzato un membro di altra tribù, la punizione consisteva nel sopprimere uno qualunque dei membri della tribù di provenienza del colpevole. Non si ricercava il colpevole ma la tribù. La punizione del colpevole avviene in una fase storica successiva; quando si introduce il concetto giuridico della responsabilità personale, inputata a colui che avesse commesso il crimine. Si introducono i tribunali, il processo, ecc. Nelle famiglie mafiose, in un certo senso esistono i tribunali, formati dai capi clan, monocratici, o collegiali. Siccome non possono esistere due ordinamenti giuridici nello stesso territorio, va da sé che l’omertà sia essenziale per la sopravvivenza del sistema stesso. Così il gruppo si pone in contrasto con l’atro ordinamento, quello statale. Non si dimentichi che lo Stato, per alcuni filosofi, è la conseguenza del principio dell’homo homini lupus, Come si vede si tratta della stessa logica, in entrambi gruppi. Le motivazioni del gruppo mafioso sono mutate nel tempo: dalla difesa del debole dai soprusi del potere, all’arricchimento senza limiti dei settori economici di intervento, dal commercio di droga, di sigarette, di appalti, ecc. Le logiche di intervento sono le stesse: prima con la dolcezza, poi con il consiglio spassionato, poi, in crescendo, con la minaccia, il ricatto, ecc. All’interno del gruppo prevale il cognome, e la storia che sta alle spalle dello stesso, cioè del clan. Il rispetto di appartenenza a quella particolare tribù è la medesima del diritto primitivo, di cui si è accennato. Va considerato un elemento, che i giuristi definiscono scriminante, che definisce il tema: la punizione è frutto di una violazione delle regole, e per violare quelle regole devi godere della libertà di poterlo fare. Infatti, un soldato che ammazza l’avversario non viene punito, non ha la libertà di scegliere. Pensate ai nostri nonni, della prima guerra mondiale, o assaltavano con la baionetta, oppure venivano sparati dal carabiniere alle sue spalle. Così nei gruppi chiusi, che possono giungere a disporre di veri eserciti, come in Colombia, o in Messico. Si ammantano di valenze di libertà al popolo dal potere, ma praticano l’economia che i paesi occidentali si ostinano a considerare proibita, quale la diffusione delle droghe. Senza libertà non può esistere responsabilità. e la punizione che l’accompagna.
Torniamo ai figli minori. Nella storia di Italia, nel 1700, e poi anche nell’altro secolo, i rampolli delle famiglie ricche, o nobili, dall’età di cinque anni venivano spostati nel Collegi, Si pensi alla Fondazione San Carlo di Modena. Bisognava dare una educazione da camerata, in modo da prepararsi ad una carriera militare. Anche i monasteri assumevano alla stessa funzione: formare dei soldati di Cristo. E la mafia, non deve seguire le medesime logiche educative? Da cui sin dall’infanzia il ragazzo va preparato a difendere il suo cognome, e se qualcuno della “famiglia” ha subito una violenza, va punito con la logica tribale, oggettiva. La punizione, cioè la sanzione, consolida le regole del gruppo di appartenenza,

Gioventù Hitleriana errante

Scuola nell’Odenwald
Gioventù Hitleriana errante della scuola di Odenwald in un viaggio felice.

Nel 1910, i Futuristi, quei simpaticoni del gruppo di Marinetti, predicavano l’allontanamento dei ragazzi, dall’età di cinque anni, dalla famiglia di origine, in comunità collegiali in modo da formarli allo spirito cameratistico, perché solo quello poteva esser il modello formativo paradigmatico per consentire ai ragazzi di educarsi ai valori che il gruppo di potere, in quel momento storico ritenesse i più validi per un loro modello di società. E’ chiaro che i valori di un convento religioso saranno diversi da quelli di un collegio svizzero, dove si educa alla libertà economica. Al rischio di impresa, alla ricchezza uber alles.
In conclusione, non affanniamoci a dividerci se il minore vada affidato alla madre, o al padre, in quanto gli strumenti per una educazione diversa dal gruppo di provenienza ci sono, sono stati sperimentati per secoli, e mi pare non abbiano costituto pericolo per lo sviluppo della società.

29 marzo 2021

Il caso Giunti. Rigettato il ricorso. Giada pronta ad incatenarsi a Montecitorio 

BANDO DI CONCORSO LETTERARIO   ” UNA POESIA PER GINEVRA”

Ginevra Amerighi: Il sogno sofferto di una madre il desiderio d’amore strappato di una figlia

Cosa si nasconde dietro l’affido dei minori? Forse un business miliardario un giro d’affari che cancella scrupoli e vite in nome del profitto.

Il giardino di Arianna. L’ intervista a Ginevra Amerighi: storia di una mamma alla quale hanno strappato il cuore

La storia di Jacopo. La madre Giada Giunti : “La giustizia italiana me lo ha strappato senza pietà”

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