di Cinzia Santoro 

Alla corte dei diritti umani, non sono bastate 37 coltellate inferte ad un bambino affidato allo stato per condannare l’Italia per la violazione dell’art.2 (diritto alla vita). 

Morire a otto anni da solo in uno spazio protetto non è  affare che riguarda lo stato italiano.
Federico Bakarat ucciso con 37 coltellate fu lasciato solo per ben 57 minuti  con il padre violento. Morì dissanguato. La mamma denunciò i responsabili ma in Italia non c’è giustizia per le donne e i bambini vittime di violenza.
Dopo 3 gradi di giudizio in Italia e una sentenza della Corte europea dei diritti umani, nessuno è stato ritenuto responsabile della totale assenza di protezione di un bambino in un ambiente definito “protetto”.
La sentenza Cedu di maggio afferma che un’istituzione non ha l’obbligo di garantire l’incolumità fisica di un minore in sua custodia e costituisce pertanto un inaccettabile precedente.
Riconoscere il diritto alla vita di Federico dovrebbe essere un atto dovuto a garanzia anche di tutta l’infanzia italiana ed europea.
La  madre del piccolo Federico ha presentato ricorso alla Grande Camera di Strasburgo nel disperato tentativo di far annullare la sentenza. Il ricorso è necessario a rendere giustizia a Federico, ma non solo: è necessario alla tutela di tutti i bambini italiani ed europei che sono e che saranno affidati alle cure dello Stato.
Dolore, rabbia, impotenza per la tragica fine del piccolo Federico, preoccupazione per gli altri bimbi che vivono situazioni analoghe, le cui mamme estromesse dallo stato italiano sanno che nessuno presterà attenzione alla vita dei loro figli. Uno scandalo italiano che ricadrà su tutta l’infanzia italiana e europea.

La conferenza stampa si terrà a Roma il 1 settembre 2021 presso l’UDI, via Penitenza, 37- ROMA.

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Documento della Fondazione nata in memoria del piccolo Federico 

conf. stampa federico bakarat

30 agosto 2021