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La memoria come insegnamento per le giovani generazioni

  In copertina: Genocidio armeno. Deportazione nel deserto 1915

di M. Siranush Quaranta

L’eredità dei genocidi sul futuro dell’umanità.

l’ONU ha stabilito nel 2005 che il 27 gennaio fosse la Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto. Questo perché il 27 gennaio 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

Campo di concentramento di Auschwitz

Ma più in generale in questa giornata appare necessario ricordare anche i tanti genocidi dimenticati: i massacri in Cambogia, il genocidio degli Indiani d’America, i crimini in Kosovo, quelli del Ruanda e il primo genocidio del 900 e cioè quello del popolo armeno da parte dell’Impero Ottomano.

Questo perché serve far memoria di ciò che l’uomo è stato capace di fare verso i propri simili, motivato da odio razziale e religioso, di modo che si possa trarre insegnamento da tutto ciò per non ripeterlo mai più.

Non bisogna mai dimenticare quello che è accaduto, perchè il passato condiziona tutte le azioni successive del presente e del futuro, educando anche al male, all’odio e all’intolleranza. Il silenzio sui delitti generati dall’uomo diventa terreno per alimentarne altri; nascondendo o tacendo il male le ferite della storia non potranno mai smettere di sanguinare e finalmente cicatrizzarsi. 

Strumenti di pace possono senz’altro essere il ricordo e la memoria, in quanto è basilare ristabilire la verità e la giustizia su questi tragici eventi, come forma di rispetto per tutti i martiri della patria e della fede e per riuscire ad agire equamente in futuro. La memoria deve essere vista come rappresentazione viva e indelebile dei crimini commessi, per interrogarsi sulla violenza e le ingiustizie insite in questi atti.

Campo di concentramento di Birkenau

Elie Wiesel- premio Nobel per la Pace nel 1986 – ha in varie occasioni affermato:”Tacere è proibito, parlare è impossibile”, in quanto occorre fare tesoro del passato. Inoltre, proprio lui ci dice che la memoria deve servire non solo a rievocare i fatti, ma anche a spingere all’azione”… perché i diritti umani delle minoranze, degli esclusi, degli ultimi, degli “altri”, di tutti noi, non siano più violati”.

Tutto il male passato non sarebbe accaduto se l’umanità non si fosse mostrata indifferente e immobile.

Adolf Hitler il 22 agosto 1939 a Obersalzberg, alla vigilia dell’invasione della Polonia, pronunciò la frase:” chi parla ancora oggi dell’annientamento degli armeni?”, per spronare i comandanti tedeschi ad essere crudeli e spietati: si poteva agire con efferatezza tanto tutto sarebbe stato completamente dimenticato, ma, cosa ancora più tremenda, fu proprio quell’evento a ispirargli il progetto di annientamento degli ebrei, una soluzione finale di sterminio sistematicamente pianificata attraverso le deportazioni, i lager e successivamente i forni e le docce.

Durante un recente viaggio in Polonia, mi sono soffermata a leggere una targa commemorativa presente nel campo di concentramento di Auschwitz:” Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci” (Primo Levi).

Tutti noi dobbiamo opporci alle falsificazioni della realtà e alla costruzione di menzogne, non solo per coloro che sono morti e per il lavoro infaticabile dei vivi, ma anche per il recupero totale della verità storica; occorre essere risoluti e concreti per produrre un’azione che finalmente immunizzi da tutte le forme di distruzione e di violenza.

Non si deve permettere di operare la cancellazione del ricordo delle vittime dalla memoria dei viventi, riducendoli ad esseri umani “senza identità”, per renderne evanescente ogni traccia.

Diventa indispensabile praticare il ricordo per evitare di rimuovere la memoria dell’annientamento dalle coscienze e calpestare ancora una volta il diritto basilare alla vita.

Per non dimenticare l’indimenticabile occorre necessariamente rompere il silenzio, dire l’indicibile attraverso la condivisione del ricordo che diventa così responsabilità di tutta la comunità umana. 

Solo così si può battere l’oblio e fare in modo che la partecipazione internazionale ai fatti storici porti a una giusta interpretazione, che renda giustizia combattendo il silenzio, la falsità e l’analfabetismo emotivo.

Come nipote di armeni ho potuto valutare tutto questo in riferimento al Genocidio perpetrato nel 1915 dall’Impero Ottomano su questo popolo, che ha portato al massacro di un milione e mezzo di persone e alla diaspora dei sopravvissuti. 

Genocidio armeno 1915

Il 25 gennaio presso la Biblioteca Ricchetti di Bari ci sarà l’incontro “Gli Armeni e la memoria”, per mantenere vivo il ricordo su un popolo che è stato quasi annientato, sul Khachkar simbolo sacro presente di fronte al porto di Bari, sulla figura dell’intellettuale armeno Hrand Nazariantz e sul villaggio di Nor Arax, che ha ospitato gli armeni della diaspora ed ora i loro eredi.

Occorre fare i conti con la storia, per produrre una barriera contro le degenerazioni e creare norme per evitare che nessuno più possa oltraggiare, banalizzare o neutralizzare l’orrore del genocidio, magari riducendolo a un semplice evento di guerra tra tanti.

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