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Lettera di una madre tu donna, moglie e madre devi essere sempre l’angelo del focolare domestico coatto

di Cinzia Santoro

Lettera di una madre

Poco prima della domenica dedicata alla festa della mamma, arriva in redazione la toccante lettera di una mamma, che con grande lucidità e dignità racconta il dolore che accompagna le donne, in quanto madri, nel momento in cui i figli si ammalano e i padri e le istituzioni sono latitanti.
La maternità nel nostro paese non gode di un welfare statale che funga da rete sociale e di supporto per le donne che decidono di avere dei figli.  Le madri vengono lasciate sole, con il carico della cura dei figli, anche e soprattutto in caso disabilità o patologie. La decrescita infelice della natalità in Italia si spiega anche con la consapevolezza delle donne di essere le uniche depositarie delle pratiche di cura in un paese patriarcale. La lettera ci commuove perché la situazione vissuta dalla mamma che ci scrive è paradossale ma autentica. Una vita carica di responsabilità che la donna deve assumere completamente sola. Nessun aiuto morale o economico che possa affrancare la disperazione di una madre e il suo sentimento di impotenza nel poter cambiare la sua vita. Il diritto a vivere una vita dignitosa è previsto nell’articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza.
È doveroso specificare che il benessere non è un fatto di lussi, stravaganze o consumismo ma si inquadra in un contesto di promozione della dignità umana e di responsabilità condivise.
Alla mamma che ci ha contattato va la nostra solidarietà e l’abbraccio della redazione.

Essere Donna e subire la violenza ogni giorno

La lettera

Guardare in tv l’intervista ad una giovane cantante che, con il suo compagno,
racconta la felicità di essere diventata mamma, la gioia per una maternità
cercata e vissuta attimo per attimo in trepidante e festosa attesa, mi ha fatto
pensare…
Sono mamma di tre figli, che amo più della mia stessa vita, eppure… nessuno dei tre figli è stato voluto, cercato, aspettato, sono semplicemente arrivati!
Sono arrivati in tre momenti sbagliati: la prima volta ero una studentessa, non ero sposata… la seconda volta volevo disperatamente un altro figlio, ma il padre non lo voleva, quindi gravidanza sperata ma non cercata. E la terza volta
eravamo in crisi: lui se ne stava andando con un’altra!
… e poi la catastrofe e sei una mamma sola, che deve ricomporre un vaso di
porcellana finissima andato in mille pezzi.
E scopri, solo vivendo, che la famiglia non è quella del Mulino Bianco!
Tu donna, moglie e madre, permeata da una cultura maschilista e patriarcale
così soffocante che quasi non ti sei accorta quanto ti ha devastata, devi essere sempre e comunque, l’Angelo del focolare che tutto perdona e che porta il suo pesante fardello, con il sorriso e possibilmente senza fare rumore.
Non ti aspettare aiuti, sostegno neanche quando arriva uno di quei problemi di cui non osi neanche dire il nome: disagio, droga, malattia mentale.
Tante volte hai sentito quella frase insinuarsi nelle orecchie come un tarlo nel legno: figli piccoli, problemi piccoli… figli grandi, problemi grandi.
Ebbene per me due su tre: ho una figlia tossica e con problemi psichiatrici!
Ricostruire la tossicodipendenza di un figlio è complesso, ma ricostruire la malattia mentale di un figlio è qualcosa che va oltre l’immaginabile, perché era
sana, bella, intelligente, ma poi qualcosa si è rotto.
È difficile immaginare quanto sia complicato affrontare un problema come questo: è difficile per una famiglia normale, figurarsi per una mamma sola che, stranamente, più che aiuto e comprensione attira critiche feroci.

Sono un angelo del “focolare” coatto


Le domande insulse si sprecano: sarà stata una cattiva madre? Come ha fatto a non accorgersene subito?
Avresti dovuto… avresti potuto…
E lì ti accorgi che lo Stato è latitante, che i servizi sono assenti e soprattutto la
cura non si può imporre!
Chiedi aiuto a scuola, anche solo perché ti avvisino se tua figlia si assenta….
strano, ti chiudono la porta!
Accompagni tua figlia al Sert e, minorenne o maggiorenne, deve essere lei a volersi curare… quindi, porta chiusa!
Anche di fronte ad una overdose, nessuna segnalazione, nessun intervento, ancora una volta, porta sbattuta in faccia!
… e quando poi cerchi di farla entrare in comunità, lì ti accorgi che impresa è ciclopica!
In tv sembra tutto facile, ma non è così è molto complicato e lo è ancora di più se tua figlia ha bisogno di una comunità, perché è tossicodipendente e bipolare.
Ed è difficile, intanto, perché la libertà della cura è costituzionalmente garantita
e che la cura si può imporre solo in casi estremi; ma la questione più insormontabile è chi paga la cura, perché i budget regionali non sono illimitati.
Ed assisti agli scaricabarili di Sert, Cim, Servizi Sociali, perché il problema non è curare o salvare una giovane vita, ma chi paga la cura!
Beh per la mamma costretta a sborsare giornalmente il denaro per la sostanza, che subisce offese, insulti e percosse se si rifiuta…. che importanza a chi paga la cura?
E vorresti urlare: aiutatemi vi prego!
In questo fantastico sistema, ti aspetti almeno la solidarietà femminile: niente di più sbagliato!
Assistente sociale del Sert, donna: Signora, non possiamo fare niente… infondo
abbiamo già pagato tre anni di comunità!
Psichiatra del Cim, donna: Signora, come può dire che sua figlia non sta prendendo i farmaci? Le analisi dicono il contrario? E tu: nel blister ci sono 20 compresse, lo ha iniziato due mesi fa e ce ne sono ancora 10!
Medico – ospedale psichiatrico, donna – dimessa dopo ricovero (d’urgenza) di due mesi, senza avvisare nessuno e ricoverata il giorno dopo in pronto soccorso per malore: Signora non potevamo più tenerla qui! Sa l’abbiamo tanto coccolata, non aveva nessuno!
E tu pensi: nessuno? Io sono la madre!
Eravate con me anche quando mi insultava, mi alzava le mani, ospitava in casa gentaglia senza il mio consenso?
Eravate con me quando dopo quasi tre anni di percorso comunitario, dopo la
condanna per maltrattamenti l’ho riaccolta in casa, per vedere la storia ripetersi dopo neanche un anno?
Finché non ti ribelli perché non ne puoi più e stai per essere sfrattata, perché lei
crea scompiglio anche ai vicini: basta o te ne vai tu o me ne vado io! e lei se ne va! Certo non aveva nessuno!
Poi, finalmente, con l’aiuto di qualcuno – che non aveva nessun interesse, un caro amico sacerdote, riesci a portarla in una struttura: scappa!
… e dopo in un’altra: da quella non scappa, semplicemente lei denuncia la struttura per maltrattamenti!
A quel punto la giudice – nel frattempo hai chiesto la nomina di un
amministratore di sostegno – interviene con tono giudicante e sprezzante,
anche lei donna,  ti ha già etichettata come una cattiva madre: perciò sostituisce l’amministratore di sostegno, perché quello che hai scelto tu, fai i tuoi interessi non quelli di tua figlia! Nomina un’amministratrice di sostegno, donna!
Cerca di importi di far rientrare in casa tua figlia, per il tempo strettamente necessario a trovare una struttura, e tu lo sai che non ci vogliono tre giorni per
trovare la struttura! Infatti l’ADS ci impiega dieci per trovare la struttura!
Ma quella giudice ti ha già condannata: cattiva madre crudele!
Lei non sa cosa vuol dire combattere per dodici anni con una figlia tossica e
bipolare; forse non ne ha neanche figli!  Ma ti ha giudicata!
Fino ad arrivare all’ultimo decreto: quantificato il compenso per l’amministratrice di sostegno, dato atto del fatto che tua figlia non ha redditi, pone il compenso a tuo carico, visto l’impegno profuso dall’ADS!
… e li capisci che per le istituzioni, per la giustizia… la mamma è colei che si fa
carico da sola di tutti i problemi!

12 maggio 2023

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