Quando l’animare il territorio è servizio non esibizionismo Attualità 30 Maggio 202330 Maggio 2023 di Piero Fabris Dieci anni dalla dipartita di Pierino Piepoli. È passato tantissimo tempo da quando l’archeo astronomo barese Aldo Tavolaro mi affidò un suo articolo per la rivista “Umanesimo della Pietra” che la mia età acerba di allora leggeva avidamente affamata di informazioni, ignorandone il rigore scientifico e il bisogno di comprendere profondamente “Lo Spirito della civiltà contadina”, le fatiche dei redattori, per realizzare servizi di qualità e chiarezza. In quell’occasione incontrai Pierino Piepoli e la sua passione per la “Conoscenza”; un uomo come pochi che, similmente a Giano, il Dio Bifronte, guardava al passato e al futuro, presente alla realtà del suo tempo. A dieci anni dalla sua dipartita, (avvenuta il 17 marzo 2013), Castellana Grotte il 29 di maggio, gli dedica una giornata, grazie alla quale si potrà riflettere sull’eredità culturale di un uomo curioso, un uomo che come pochi sapeva Ascoltare e promuovere il valore e le potenzialità dell’altro, una mente vivace che sapeva riconoscere i talenti altrui e fare gruppo. Parlando di lui tornano alla mente uomini come Marco Lanera, Don Nicola Pellegrino, Don Angelo Centrone, Gaetano Montanaro, Giovanni Guglielmi e tanti altri, ovvero un capitale umano che ha reso Castellana grotte, un crogiolo di effervescenti iniziative, realizzate per servire il proprio paese. Colpisce lo spirito di aggregazione costruttiva, quella capacità di essere lievito nella massa, piuttosto che eccentriche, strabordanti presenze che ingombrano il proscenio, luogo, ovvero faro che illumina gli animi e favorisce l’incontro con le potenzialità sepolte sotto le palpebre dell’incoscienza. In questo tempo che ha oramai celebrato i funerali delle ideologie e si son disperse “Le ceneri di Gramsci” di Pasoliniana memoria abbiamo bisogno più di ieri di contenuti, che di sappiano essere pietra diinciampo per gli amanti dei salotti dell’intrattenimento con fumi senza arrosto. Dopo la seconda guerra mondiale uomini come Pierino, “semplici operai della cultura” o “Cantastorie” (tanto per usare un termine nel qual si rispecchiava), hanno risposto al bisogno di ritrovare la propria identità, setacciando tra le macerie del conflitto bellico, raccogliendo e catalogando storie e fatti, consuetudini ed esperienze. È grazie a tale lavoro, all’opera divulgativa, al loro impegno da amanuensi se, per esempio, “le semplici regole del gioco delle carte” non siano andate disperse, ma divengono parte di pagine, punto di riferimento, non sono finite nell’oblio. In un appunto di Osvald Wirth vi è scritto: “Quando i sacerdoti del tempio di Osiride compresero che un’epoca stava chiudendo i propri battenti, guardandosi attorno, decisero di affidare alle carte da gioco gli elementi fondamentali del libro di Toth, convinti che il gioco e i suoi azzardi potessero aprire vie alla coscienza. Non è un caso che la prima carta degli arcani maggiori sia il Matto. Abbiamo sempre bisogno di appassionati studiosi che sappiano andare oltre l’apparenza e non disperdere importanti informazioni come fece Jean Francois Champollion per la stele di Rosetta. Lino Angiuli nella sua prefazione a: PUGLIA IN FABULA – fiabe e novelle di Castellana Grotte”, una selezione curata da Piero Cappelli, ben associa la figura del Piepoli al molfettese Saverio La Sorsa e quella del nocese Vittorio Tinelli, grazie ai quali tantissimo del nostro Folk-Lore (Folk come anima popolare e Lore come tradizione) è fonte per la memoria collettiva. Ho provato a immaginare quella combriccola di ricercatori e animatori, raccolti al centro di pareti di libri o intorno a tavoli di sacrestie del sapere, arruffarsi nel redigere riviste come “Fogli per Castellana”, o per il menabò de LA FORBICE, magari su “LA Zattera” per un “Umanesimo della pietra” che sono testata d’angolo, punto fermo di un’Agorà per guardare al futuro. Persone come loro sarebbero piaciute tantissimo a Giovanni Battista Bronzini, per le loro iniziative pensate non per distrarre, ma per formare, li avrebbe paragonati a personaggi come Giuseppe Pitrè, Gennaro Finamore, Antonio De Nino, tanto per citarne alcuni e perché no a: Giuseppe Cocchiara, Gabriele Pepe, Eugenio Cirese o Ernesto De Martino, riferimenti per studiosi di demologia, pozzi di memorie e punti di riferimento per scrittori per i quali scrivere è un mezzo per valorizzare la terra con quella onestà intellettuale che è alimento sociale. Ci piace ricordare che Giovanni Battista Bronzini, in uno dei suoi saggi, riporta stralci di lettere del Verga o del D’Annunzio dalle quali si evince quanto segue: “… Si pensi al Verga che da Milano chiedeva agli amici siciliani e a sua madre notizie su particolari usi a cui si richiamava nei romanzi e racconti di ambiente isolano; si pensi al D’annunzio che si rivolgeva ad Antonio De Nino con la significativa Formula: Tu che sai Tutto…”. Pierino Piepoli amava citare le proprie fonti, non rubare la scena, al contrario mostrare i pregi di miniere di memoria come Giovanni Mastromarino. E mi viene facile immaginarlo nella Biblioteca Civica non a caso intitolata al pedagogista di Castellana Giacomo Tauro. La sua attenzione non era legata solo ai fatti, ma anche ai suoni, al dialetto, ai modi di raccontare e mi è facile associare la sua scelta al modo di scrivere dei fratelli Grimm, i quali dichiararono: “Noi non abbiamo inventato nulla, le fiabe per bambini che abbiamo raccolto aleggiavano già nel nostro paese, il successo del nostro lavoro è nel modo di scrivere!”. Una delle doti di Pierino, come i suoi compagni di strada, sicuramente cari a Prometeo, era l’umiltà, quella forza di saper essere “artigiani del sapere”, protagonisti di quell’esigenza profonda di cogliere l’essenza che scorre tra gli interstizi dei muretti a secco, composta di sangue e sudore sublimato, radice di modi di essere, di parlare, di gesticolare, edificare, il cui significato profondo si perde nella notte dei tempi, di quando le ruote dei carretti, lo scalpitio degli asini, offriva chiare immagini evocative di una realtà troppo spesso ai margini. Pierino Piepoli sapeva abbracciare la tradizione orale della quale è stato sapiente custode, sottraendola all’oblio e alla provincializzazione con tal fervore che è fiaccola per l’ara della Cultura e tratturo della transumanza per gli uomini di buona volontà alla ricerca di mattoni a fondamenta dell’essenza dei popoli, scalini invisibili che sono un bene prezioso per la collettività.