Un microcosmo tutto al femminile e la forza di rielaborare le avversità Cultura 25 Giugno 2023 di Piero Fabris Anna Tinta Valentini con la sua scrittura scorrevole e avvolgente schiude a riflessioni calde e luminose. Il breve romanzo dal titolo: “La casa delle vedove” (Lulù che fa storie pagg. 100. € 10,00) ci restituisce il tempo umano, fatto di gente semplice, ma che sa incontrarsi, ascoltarsi, sottraendosi al turbine di una vita spietata che trasforma i palazzi delle nostre città in grigie facciate dell’invisibile. La scrittrice, ambientando le sue storie in uno stabile degli anni cinquanta evoca atmosfere intense che ci offrono uno spaccato di realtà silenziose e interessanti, in composizioni ben coniugate tra di loro, con la collaudata esperienza di chi conosce gli schemi della scrittura e i ritmi per renderla avvincente. Il testo schiude le porte di tanti appartamenti senza retorica, nei quali vivono persone e non numeri e lettere di codici fiscali. Il lavoro di Tinta ci riconsegna il tempo della lentezza e il valore del quotidiano. La scrittrice va oltre i muri di una palazzina di cinque piani, se si considera il piano rialzato (sono infatti cinque le famiglie protagoniste del libro), ridonando colore e voce, andando oltre l’apparenza! Lo fa con delicatezza e con gli echi di piccole storie che hanno il sapore dell’imprevedibilità, la brezza della solidarietà che fa delle scale il luogo dell’incontro e della coesione tra gente che ha saputo fare della sofferenza un esercizio per giungere all’essenza dell’esistere. La casa delle vedove di Anna Tinta Valentini è un invito a interrogarsi: Quali sono le cose importanti della vita? Il tempo è un dono silenzioso, impalpabile, maestro che sa sorprenderci o stravolgerci. Il tempo, del quale siamo coscienti è quello che lascia suggestioni! È una scacchiera, di giorni e notti, sulla quale ogni mossa, ogni azione è un geroglifico per piani d’Ardesia; sinusoidi di gioia e dolore, gradini che scandiscono l’età e ogni età è possibilità per imparare a essere protagonisti dell’esistere senza affondare nelle paludi della solitudine o nei sensi di colpa che finiscono solo col farci invecchiare nei cerchi, gironi infernali del fragoroso vuoto.