Afganistan: crimini contro l’umanità e discriminazione di genere- Violazioni sistematiche perpetrate sulle donne afgane Cronaca Notizie dal Mondo 11 Gennaio 202411 Gennaio 2024 di Cinzia Santoro L’Afghanistan è l’unico paese al mondo dove non è permesso alle donne di studiare. Alle donne è vietato lavorare fuori casa. Non ci sono donne nel governo, né esiste un dicastero dedicato alle problematiche femminili. L’emancipazione femminile delle donne afgane deve fronteggiare ancora più ostacoli di quanti non ne avesse già prima dell’agosto 2021 quando a Kabul sono tornati i talebani. Le donne non possono spostarsi da sole oltre un raggio di 72 km, non possono vestirsi come vogliono o frequentare liberamente la scuola in tutto il territorio afghano, esercitare la loro professione o lavorare semplicemente. Per le donne afgane è una morte lenta” ha scritto Adila, una giovane giornalista. Parisa Azada, Neda Parwani, Zholia Parsi e Manizha Seddiqi, sono quattro donne afgane coraggiose, attiviste per i diritti delle donne in Afghanistan che lottano contro un sistema misogino e decisamente discriminatorio. Della loro storia si sta occupando Amnesty International che ha denunciato l’uso sistematico della violenza da parte dei talebani contro le donne afgane dal 2021, anno in cui gli studenti di dio hanno ripreso il potere nel paese. Crimini contro l’umanità e persecuzione di genere, queste le violazioni sistematiche perpetrate sulle donne afgane. Da quando sono tornati i talebani hanno vietato alle donne, la partecipazione politica e il coinvolgimento nella vita pubblica. Le politiche adottate dalle autorità di fatto dei talebani hanno ridotto i diritti alla libertà di espressione, di associazione, di riunione pacifica, nonché i diritti all’uguaglianza e alla non discriminazione. In pratica tutti i diritti fondamentali delle donne sono stati soppressi. Tante donne afgane sono scese in piazza in numerose città afghane, tra cui Kabul, Faizabad, Herat e Mazar-i-Sharif, per protestare contro le politiche discriminatorie dei talebani, ma la risposta di questi è stata brutale. Le attiviste sono state soggette a sparizione forzata, arrestate arbitrariamente, detenute e sottoposte a torture e altri maltrattamenti. Offese, molestie, intimidazioni e minacce sono state agite sulle coraggiose manifestanti da parte dei numerosi agenti talebani armati. Ma chi sono queste attiviste di cui Amnesty International chiede la liberazione? Arrestate tra il 9 settembre e il 9 ottobre le attiviste Parisa Azada, Neda Parwani, Zholia Parsi e Manizha Seddiqi, sono state private del diritto a rivolgersi a un avvocato e a ricevere visite regolari dalla famiglia durante la detenzione. Rischiano la loro vita e di essere torturate anche se non sono state accusate di alcun reato in quanto hanno guidato proteste sempre pacifiche. Neda Parwani è una Youtuber attivista per i diritti delle donne, ed è stata arrestata con il marito e il figlio di quattro anni. Rilasciata il 17 dicembre con il marito ha subito torture tali da compromettere la sua salute psicofisica. Ora è ricoverata. Zholia Parsi è tra le fondatrici del Movimento spontaneo delle donne afghane. Manizha Seddiqi è sparita, mentre Parisa Azada è detenuta in un luogo segreto. Il 17 dicembre anche Zholia Parsi e suo figlio, che nel frattempo era stato a sua volta arrestato, sono stati scarcerati. Il rilascio delle attiviste dipende anche dalle pressioni internazionali sul governo di Kabul, come ha dichiarato Munisa Mubariz, fondatrice del movimento per i diritti delle donne in Afghanistan. Heather Barr, direttrice associata per gli affari delle donne di Human Rights Watch, ha osservato che molte donne che subiscono violenze rimangono in silenzio per paura di ritorsioni contro i famigliari. Il rilascio di Neda Parwani e Zholia Parsi e dei loro familiari è stato accolto positivamente da Richard Bennett, relatore speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan che ha dichiarato: “Non avrebbero mai dovuto essere imprigionati. Continuo a sollecitare il rilascio immediato delle attiviste afghane, degli operatori delle ONG, dei giornalisti e di altre persone detenute arbitrariamente dal governo di Kabul per aver difeso i diritti umani”.