Costruire La Pace con la consapevolezza. Attualità 30 Maggio 202431 Maggio 2024 di Piero Fabris Mercoledì 22 maggio 2024 presso la facoltà di lingue, Università di Bari si è tenuto un incontro sul tema: “Medio Oriente, Quale Pace Possibile?”. È stato un appuntamento con la coscienza! Un’occasione per mettere in moto i neuroni e guardare il mondo oltre i reticolati davanti ai quali è comodo assopirsi. Sono intervenuti: Angela Corcelli (Rete Università per la Pace), Concetta Pacentra (Rete dei comitati per la Pace in Puglia), il Professor Kegham J. Boloyan (UNIBA e UNISALENTO) e il Professor Alessandro Mirizzi (CIRP UNIBA), protagonisti di un interessante dialogo con Padre Ibrahim Faltas (Vicario della Custodia della Terra Santa). Dopo giorni passati a rielaborare testimonianze ho pensato di condividere alcune semplici riflessioni nate dall’ Ascolto. Mi sono tornate in mente alcune righe del vangelo: “Tutto ciò che è nascosto sarà messo in luce…Tutto quello che vi dico nel buio, voi ripetetelo alla luce del giorno, quello che Ascoltate sotto voce, gridatelo dai Tetti!” La nostra società ha bisogno di CONVERTIRSI! Senza Conversione non vi è Pace! Urge chiarire cosa si intende con questi termini (CONVERSIONE PACE) se si vuole aprire un dialogo che sia bene per tutti. Convertirsi è cambiare mentalità, ovvero aver una visione dell’universo, della terra che vada oltre i propri confini, uno stato elevato di Consapevolezza così alto, tanto da guardare al mondo nella sua globalità dove gli unici confini sono Luce e Amore. Con questa visione il mondo può essere inteso come un grande giardino dove ogni popolo è un’aiuola che nel suo insieme si mostra in tutta la sua ricchezza di colori. Cosa è la pace se non la tavola rotonda della diversità? E non fu Gialàl ad-Dìn Rùmi che a proposito della verità disse: “La verità è uno specchio caduto dalle mani di Dio e andato in frantumi. Ognuno ne raccoglie un frammento e sostiene che lì è racchiusa tutta la verità? Se superassimo almeno per un attimo l’egotismo e riconoscessimo che siamo tutti gocce di una corrente, il popolo d’io, potremmo essere SINGOLARITA’ in sintonia, Note di un pentagramma che sanno scrivere vite melodiose. Di complementarietà abbiamo bisogno per essere un mandala di forme fatte di sfumature e contrasti che un soffio vivificante scompiglia in un attimo perché nulla sia stagnante, ma sempre proiettato verso orizzonti interiori più ampi. Di dignità, di complementarietà, di energie diverse abbiamo bisogno per essere mattoni di piramidi, torri di Pace dalle cui alture poter contemplare le infinite stelle, semi e preludio di chiarezza. Quante volte ho visto lavorare Cristiani, Mussulmani, Ebrei, Induisti, Atei lavorare gli uni accanto agli altri nonostante il loro credere, le loro idee fossero diverse? A chi interessa fare di Gaza una Prigione a cielo aperto e magari trasformarla in un cimitero a cielo aperto? Tutti parliamo di pace, ma la intendiamo a modo nostro, ma in noi alberga odio, invidia e rancore e siamo arroccati nelle nostre posizioni, convinti di essere nel giusto, di essere superiori e perciò in diritto di dover essere riconosciuti superiori. Quante volte parliamo di perdono, quanta etica comune alla domanda: Perché perdonare? Risponde: Perché ho pietà dell’altro. Apparendo come eccezionalmente buona, ma la vera etica del rispetto ha le sue fondamenta nella sincerità verso se stessi. Il perdono non umilia l’altro apparendo migliore, ma riconoscendo nell’altro la propria fragilità. Di onestà abbiamo bisogno e solo allora potremo riconoscere nell’altro il fratello con i nostri stessi sogni, difetti e pregi e riconoscer in lui lo stesso smarrimento che è in noi quando viene ucciso qualcuno, quando saltano in aria case e tutti i punti di riferimento, i sostegni le certezze per disegnare e mettere mano a case dove ritrovarsi in paesaggi dove regna l’umanità e la civiltà non è competizione espansionistica, ma azione costrittiva di ponti, case e di spiriti che sanno alimentare il servizio e rispetto nella ricca povertà, dove nessuno è lasciato indietro. Bisognerebbe fare pellegrinaggi dalla casa del pane a quella della pace; dalla mente al cuore e dal cuore alla mente attraverso fili di congiunzione che sanno aprire a orizzonti immensi. La guerra Santa dovremmo farla con noi stessi, contro il cuore indurito incapace di vedere oltre il bel occhiale dai vetri oscurati. Quanti bimbi orfani, quanti bimbi portati senza una casa, senza affetti senza punti di riferimento per l’ingordigia, per vendetta, per il potere che trasforma ogni giorno i bei paesi in spianate di macerie e quelle macerie sono cicatrici profonde, veleno per l’anima che trasforma i sogni più belli in paesaggi annebbiati.