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Le poesie fotografiche di Alberta Zallone

foto-Alberta Zallone

di Piero Fabris

Foto di Alberta Zallone

Di Alberta Zallone colpisce la naturale vocazione alla ricerca, la predisposizione all’osservazione, grazie alla quale, l’invisibile agli occhi dei distratti, l’infinitamente piccolo, diventa oggetto della sua contemplazione, intesa come spirito di ricerca piuttosto che fuga dal mondo. Lei potrebbe attraversare un tratto di foresta che la nostra frenesia percorrerebbe in pochi attimi, in un lasso di tempo molto lungo. Come Claude Monet che si trasferì a Rouen per dipingerne la cattedrale, lei è capace di prendersi tutto il tempo che le serve per coglierne tutte le sfumature della natura! È rimasta la ragazzina curiosa che fin dalla adolescenza sapeva fare della fotocamera il suo taccuino di appunti; un’esploratrice delle cose del mondo che ha bisogno di tutta la sua feconda solitudine per osservare il silenzio della foresta e per questo ha bisogno, per le sue “investigazioni nell’enciclopedia del Cosmo” di essere indipendente. Le sue inquadrature sono il frutto di un’attesa paziente, i suoi scatti l’espressione di un attimo immortalato che suggerisce, anzi invita a guardare la vita andando oltre l’apparenza di un’immagine. Sembra che il suo mirino sia puntato sulla causa piuttosto che l’effetto, anche se le suggestioni non la lasciano indifferente, ma riesce a gestirle con concentrato distacco. E così, certi tronchi di alberi ben piantati nell’oscura terra, apparendo sospesi tra l’ignoto moto di rivoluzione e quello di rotazione con l’azzurro richiamano l’idea di sipari calati davanti alle nostre diottrie non per ostacolarci, ma per invitarci a compiere una sosta, per assaporare la spettacolarità della potenza generatrice con le sue leggi. Viaggi quindi, quelli della Zallone che, documentano la forza della natura sempre pronta ad avvolgere di verde le incursioni dell’uomo nell’equilibrio ecologico. Attraverso i progetti fotografici di Alberta Zallone si coglie un certo tocco poetico: la carezza della pioggia, il velluto della nebbia che lascia filtrare la luce dietro chiome di verde.

Attraverso i suoi scatti evoca le sinfonie dell’universo per apprezzare le quali bisogna essere educati. I suoi progetti fotografici sono passi in foreste del raccoglimento i cui riverberi sono invito al rispetto di sé e dell’ambiente. A prima vista le sue fotografie sembrano ispirate ai quadri dei pittori fiamminghi! Progetti a lungo termine, come meditazioni fotografiche, ovvero appunti di viaggio di chi media tra lo spirito della foresta e lo spirito dell’essere umano con le lenti attente al ricamo di una radice, alla corteccia di un faggio, alla pazienza di un tasso. Le sue fotografie sono orme di chi con onestà intellettuale riesce ad avventurarsi nel folto dei boschi con passione scientifica e scorgere nel fango, nella foschia, nei capricci del tempo i bandoli feraci della terra con i suoi cicli inscritti nelle foglie, che sanno frusciare in coro appena sfiorate dal vento e scricchiolare ai piedi di un albero maestoso. Fotografie come spartiti per chi sa trovare la chiave musicale nella corteccia degli alberi abito dei sogni. Le visioni oniriche di Alberta Zallone sono un invito a guardare oltre l’oscuro apparente, sono taccuini affidati a chi sa guardare in profondità, sono la mappa per viaggi d’intima sottrazione; una guida per chi sa fermarsi sull’uscio del silenzio e inebriarsi dell’essenza di semi antichi le cui radici affondano nelle notti dei secoli.  I fusti sono pilastri di scrigni rilucenti, davanti ai quali siamo semplicemente segmenti, siamo dimentichi di essere micro-stature di un biosistema verso il quale il primo dovere è l’Ascolto con un bagaglio culturale a tutto tondo. Una fotografa dai mille interessi sempre pronta a valorizzare le potenzialità dell’altro e fare delle proprie emozioni un nido tra i rami, inquadrature, bagliori di meravigliosa raffinatezza. È lei stessa a chiarirci la propria idea di fotografia definendola come qualcosa di molto privato, una storia personale. Il suo lavoro di biologa/ricercatrice l’hanno portata a solcare l’oceano e in Pennsylvania, catturata dai cieli immensi ha trovato le tonalità azzurre che meglio si intonavano col suo cammino, divenute una selezione di scatti che allargano a visioni di un paesaggio senza confini, a scenari onirici indimenticabili. Quelle foto, diario d’emozioni, divennero una mostra curata da Marilena Bonomo dal titolo: “Cieli Americani”, furono esposte nel 2012 presso il Castello Svevo di Bari. Durante la permanenza negli USA ha potuto approfondire la conoscenza di fotografi come Lee Friedlander, Joel Meyerowitz, Richard Misrach e Jean Baudrillard. Davanti ai suoi scatti dedicati a paesaggi incontaminati o modificati dall’uomo, le inquadrature appaiono all’osservatore abbracci dettati da sentimenti che sanno evocare stati interiori davanti alla forza della natura.

foto-Alberta Zallone

Con il sentimento e la passione la Zallone riesce a rielaborare i ricordi e obbedendo a un bisogno di introspezione riesce a fare con tocchi di luce incisivi un racconto nel quale l’osservatore può ritrovare se stesso, ripensare alla casa in cui è cresciuto, ad attimi particolarmente importanti. La fotografa, rientrando o meglio rivisitando la casa dei genitori con gli occhi dell’esperienza diviene l’uscio per il tempo dell’allegrezza, lo specchio di un’identità, di atmosfere sbocciate da valori raccolti nella bella luce del levante, dalle auree che ben rivestono le pareti di certi ambienti ambrati dal tepore dello stare insieme armoniosamente, dall’essere famiglia con le proprie tradizioni, rispetto per il silenzio dinamico della vita in tutte le sue forme. Il tocco attento, vellutato e magico della foto lo ritroviamo in un suo progetto esplorazione del castello di La Salle dove il falso ricostruito in stile neogotico a fine ottocento, abitato fino al secondo conflitto mondiale e poi spogliato di ogni arredo svela l’incanto del vissuto/passato, sembra una dolce riflessione su racconti scritti dalla sensibilità oscillante delle stagioni dell’esistere, presenza e assenza nello scorrere creativo dei cicli dell’esistenza, ben espresso dal titolo: “También se muere el mar” dove “Quelle Stanze”, i muri sono un sudario di essenze e la sua curiosità, vento che la rende viandante in un Sud riservato, lente che sa essere eco di immenso nell’immenso.

Cenni biografici di Alberta Zallone:

Alberta Zallone

Già docente della facoltà di medicina dell’università di Bari da oltre dieci anni fotografa ed espone i suoi scatti. La fotografia è per lei strumento di rappresentazione delle proprie emozioni in una costante ricerca di nuovi modi e forme espressive. Oltre a mostre personali ha realizzato molte collettive dal 2012. Tra le tante mostre ricordiamo: “Quelle stanze” (2016), “También se muere el mar” (2021), presso museo nuova era a Bari.  “Viandanti di Puglia” presso la fondazione Museo Pino Pascali a Polignano a Bari.   

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