Bisanzio e la sua influenza in Puglia Cultura Storia 27 Luglio 202428 Luglio 2024 di M. Siranush Quaranta Le Centre Culturel du Monde Byzantin ha organizzato dal 19 al 22 luglio 2024 in terra di Puglia quattro giornate di studi e incontri tra Bari, Latiano, Martina Franca e Altamura. Programma delle giornate di studio Il 19 luglio presso il Museo Civico di Bari si sono tenute le due sessioni del convegno-seminario “Bari tra Roma e Bisanzio-Storie di potere della Chiesa e dell’Impero dall’alba dei Paleologo alla Caduta di Costantinopoli”. Nella sezione della mattina dopo i saluti di Francesco Carofiglio, responsabile del Museo Civico, Giorgia Cutino, medievista, ha introdotto e moderato gli interventi di Angela Campanella (storica e scrittrice), Vito Armenise (delegato Casa Imperiale Giustiniane Heracliana Tomassini Paternò Leopardi di Costantinopoli), Maurizio D’Amato (Real Casa Bagatrioni Delegazione Pugliese), Francesco Bellino (filosofo e poeta), Nicola Cutino (storico e scrittore). Il pomeriggio ha visto il laboratorio d’iconografia bizantina di Antonio Calisi, i Dialoghi sceneggiati di Pino Cacace ed Enrico Milanesi Amenduni, don Nicola Bux sullo scisma tra chiesa greca e romana. Il Museo Civico rappresenta sempre più uno spazio di “accoglienza”, raccontando la storia di Bari, e di quel mar Mediterraneo luogo di crescita delle più importanti civiltà, che portiamo nel nostro Dna, anche se non abbiamo la consapevolezza della fortuna di vivere in questa terra che ha fatto la storia, ha ricordato Carofiglio. Angela Campanella e Giorgia Cutino La Puglia è stata storicamente influenzata da Bisanzio, ma non solo e riprendendone le fila si è tratteggiata quella storia che spesso pensiamo di conoscere perché l’abbiamo studiata e ci appartiene, ma che poi ci lascia ammirati per le novità che tutt’oggi può ancora raccontare. La grande cronaca politica, culturale, religiosa, filosofica e artistica di Bisanzio, richiede un importante lavoro d’indagine, soprattutto di fronte alle nuove prospettive di ricerca da parte di studiosi internazionali, rispetto alla ricostruzione che fino ad oggi è stata tradizionalmente impiegata. Questo grazie ai progressi avvenuti nei campi della numismatica, dell’epigrafica e più in generale dell’archeologia. Dare nuova luce alle testimonianze delle fonti tradizionali è indispensabile affinché la storia bizantina, così composita e complessa, acquisti nuovo fulgore. Per grosse linee questa viene ripartita in tre grandi periodi: 330-641 (anno dell’inaugurazione della capitale di Costantino sull’antica Bisanzio-fine del regno di Eraclio che ridefinisce i limiti territoriali dell’impero); 641-1204, quando tra il X e l’XI secolo i sovrani bizantini misero in atto un rinnovamento che rese Bisanzio la più importante potenza cristiana. A dare identità a questo impero fu il cristianesimo ortodosso, fondato sul rifiuto dell’iconoclastia e sulla devozione rituale verso un’arte iconografica dai tratti specifici e riconoscibili ancor oggi; questa fase poi vacillò portando all’ultimo periodo 1204-1453, quando la potenza dei latini, impegnati anche nelle crociate, impatterà con l’assedio e la presa di Costantinopoli nel 1204, dalle cui ceneri sorgeranno Nicea, lo stato di Epiro e Trebisonda, ultima città-roccaforte a cedere sotto i turchi. La prof.ssa Cutino ha ricordato che sebbene quel che restava del glorioso impero bizantino seppe resistere ai vicini serbi e bulgari, con l’arrivo degli ottomani non poté far appello a quell’occidente che aveva osteggiato e la resa definitiva avvenne sotto i cannoni di Maometto II nel 1453. Questi secoli di splendore e decadenza ci raccontano tanto di quei popoli e di noi stessi: le commistioni che Bisanzio seppe mettere in atto furono grandiose, vicinissime a noi e le contaminazioni ci coinvolgono intimamente. Copertina del prototipo del libro L’idea del libro di prossima pubblicazione “Bari tra Roma e Bisanzio. Storie di potere della Chiesa e dell’Impero dall’alba dei Paleologo alla caduta di Costantinopoli”, della prof.ssa Campanella nasce negli anni 90, dopo l’incontro con Pietro III Paleologo Mastrogiovanni, che andava alla ricerca della verità su tutti i Paleologo e sugli imperatori bizantini. In particolare, l’indagine faceva riferimento alla figura di Michele Paleologo venuto nel meridione assieme a Giovanni Ducas, due grandi generali che dovevano tentare un accordo con Federico Barbarossa contro i Normanni, che avevano compreso come Bari fosse una città strategica, porta e ponte tra Oriente e Occidente. L’accordo ci fu, ma al momento d’intervenire il Barbarossa e gli svevi vennero meno all’impegno, lasciando l’esercito bizantino nei guai. Giovanni Ducas riuscì a salvarsi, invece Michele Paleologo, ferito a Brindisi, fu portato a Bari dove morì, ma di lui non ci sono tracce. I baresi, e i pugliesi in generale, sono stati capaci di imparare dai popoli che li hanno assoggettati ma anche rispettati: non ci sono state grosse violenze, nemmeno nel pur breve periodo dell’Emirato; c’è stata la conquista, ma Bari ha sempre potuto conservare la propria identità. Proprio per questo motivo nasce a Bari il Gruppo di Studi Bizantini, come appendice del Centre Culturel du Monde Byzantin di Tirana, creato da Pietro III, morto nel 2007 e oggi gestito dal figlio. A Tirana resta il Centre Culturel, come patria elettiva, e a Bari il gruppo italiano di Studi Bizantini. La tematica del centro rientra perfettamente nel periodo preso in considerazione dal libro, cioè da Costantinopoli alla caduta dell’Impero Romano d’Oriente che significa anche scomparsa dell’Impero Romano d’Occidente, 1453, cioè con la caduta di Costantinopoli. Qualche anno prima ci fu un principe che la letteratura e la cinematografia hanno ampiamente trattato, Vlad III di Valacchia, principe di Transilvania e Moldavia, che rappresentò l’unico vero baluardo al procedere delle truppe che sarebbero entrate a Costantinopoli. Il principe si impegnò in maniera indescrivibile, riuscendo alla fine a salvarsi soltanto con la fuga. Non si possono dare giustificazioni alla sua efferatezza indescrivibile (se non che lui e il fratello Radu crebbero alla corte ottomana di Murad II); però, forse, è per merito suo se oggi su San Pietro non sventola la Mezzaluna ottomana. Aver scritto nel libro di Vlad di Valacchia ha suscitato nell’ultimo Voidova della Romania il pensiero di recuperare l’Ordine del Drago, creato nel 1382 dall’imperatore Sigismondo del Lussemburgo e dalla moglie Barbara di Cilli, e il 20 luglio nel palazzo imperiale di Latiano c’è stato l’ingresso di un nuovo Cavaliere. L’approfondimento sull’influenza bizantina in Puglia nell’architettura, nell’arte e nella cultura del prof. Armenise, rappresentante dell’archivio storico Tomassini, ha fornito un excursus generale del periodo storico che va dal VI secolo fino alla conquista di Bari da parte dei Normanni. L’architettura bizantina differisce da quella romanica in quanto si estende su una pianta centralizzata, con cupole, mosaici intricati, icone mentre quella romanica presentava archi rotondi, mura spesse, volte a botte e pianta a croce latina. La stessa Basilica di San Nicola è una struttura romanica con influenze bizantine; altre due chiese molto interessanti sono il tempietto di sant’Annibale a Fasano e la chiesetta di sant’Apollinare a Rutigliano. Una menzione particolare va all’Abbazia di Santa Maria di Cerrate, vicino Lecce, uno dei monasteri bizantini più importanti con affreschi che sono tra i più grandi esempi di pittura bizantina nel Sud Italia. Va inoltre ricordata, tra le chiese rupestri di Mottola, la chiesa di San Nicola conosciuta come la Cappella Sistina delle chiese rupestri. Nel campo dell’arte la struttura artistica più famosa è rappresentata dalle icone, definite “la finestra sul paradiso”; ma anche i mosaici richiamano lo stile bizantino e tra i più famosi c’è quello della cattedrale di Otranto che prende tutto il suo pavimento. Naturalmente anche la lingua presenza influenze: ci sono tutt’oggi 12 comuni, specialmente nel Salento, dove si parla il grico. La presenza bizantina in Puglia è stata profonda e multiforme, toccando diversi elementi. Il dott. D’Amato, in rappresentanza dell’Ordine della Santa Croce di Georgia ne ha fatto una breve descrizione, ricordando la presenza dei georgiani fin dal 532 con il monastero di San Teodoro. In Oriente erano già presenti insediamenti e presidi a difesa dei luoghi religiosi gestiti da georgiani e nel 1050 viene ridefinito il Monastero della Santa Croce, un monastero particolare perché costruito sul luogo dove si presume cresca l’albero della Santa Croce. Dopo il 1095 la milizia della Santa Croce fa riferimento alla casa dei Bagatrioni, che secondo la leggenda rappresentavano un ramo della casa di Salomone e Davide, che riconvertito al cristianesimo dall’ebraismo si posizionò nella zona tra Armenia e Georgia. L’efferatezza del massacro dei cristiani in Armenia nel 1915 lascia interdetti, facendo quasi pensare che le forze negative abbiamo una predilezione per quelle zone, in quanto quel massacro in nome della religione venne pianificato dalla corrente dei Giovani Turchi di cui faceva parte lo stesso Ataturk. Ancora oggi questa zona è uno scacchiere variegato e complicato, in cui occorre combattere la battaglia della conoscenza, per superare i pregiudizi e arrivare alla condivisione di valori che ci caratterizzano e accomunano. Angela Campanella e Francesco Bellino Come ha ricordato Francesco Bellino, la grandezza di Bari è racchiusa anche nei due secoli in cui Bisanzio qui è stata presente dall’871 al 1071, lasciando tracce nei monumenti, nel linguaggio, nel modo di pensare, perché in realtà non si è trattata di una colonizzazione ma di una fusione, due culture che hanno interagito come arricchimento. L’etica mediterranea è caratterizzata da uno stoicismo umanizzato di esseri che soffrono, la cui cultura possiede un grande immaginario collettivo fortemente monoteistico, con un fondamento che ruota attorno a Gerusalemme, Atene e Roma. Un’etica fondata su un principio incondizionato e universale, che solo la fede può dare, è alla base di una convivenza civile tra tutti i popoli del mondo. L’aspetto religioso è stato poi ripreso dal prof. Cutino, con alcune riflessioni e suggestioni. Basta camminare per Bari per scoprire quanti segni i bizantini abbiano lasciato nella nostra terra da quando era chiamata “pollens”, potente sia per i traffici commerciali che per la sua architettura e cultura. Naturalmente un avvenimento importante è stata la separazione tra le due chiese, quando lo spirito di unità è stato tradito dalle divisioni e dall’odio. A Bari nel 1098 ci fu un Concilio che fu l’ultimo tentativo di pacificazione tra la chiesa latina e la chiesa orientale greca, che non ebbe un esito positivo, nonostante la presenza di sant’Anselmo d’Aosta vescovo di Canterbury che cercò, nella sua saggezza, di risanare questa frattura che risaliva ad almeno 7 secoli prima, ossia dal Concilio di Nicea, che invece aveva lavorato per la divisione. La rottura delle chiese ha certamente cause di ordine ecclesiale, culturale e politico. L’Oriente che faceva capo a Bisanzio si staccò dalla chiesa latina dopo un lungo e confuso processo storico. Fu Argiro di Bari, ambasciatore a Costantinopoli, che portò la scomunica del Papa a Cerulario, il patriarca di Costantinopoli. Ricominciato il movimento ecumenico toccò all’arcivescovo di Bari mons. Enrico Nicodemo preparare l’incontro e l’abbraccio con il patriarca Atenagora. Fu poi Papa Paolo VI che incontrò Atenagora come gesto di giustizia e di perdono reciproco, cancellando la scomunica alla chiesa d’Oriente e cominciando una nuova stagione di dialogo. Padre Antonio Calisi Nel pomeriggio poi si è svolto il workshop di “iconografia bizantina” tenuto da padre Antonio Calisi, iconografo di fama internazionale. Durante la sessione padre Calisi ha illustrato la tecnica dello “scrivere” le icone, termine che ricorda non soltanto l’atto pittorico, ma anche la profonda dimensione spirituale e teologica dietro questo prodotto artistico. La sua arte si rifà all’antica tradizione medievale bizantina, particolarmente a quella pugliese, eredità che egli rinnova con deduzione. Padre Calisi ha guidato i presenti attraverso i segreti dell’antica tecnica bizantina, mostrando come ogni fase della creazione di un’icona (preparazione della tavola, applicazione della foglia d’oro fino alla pittura con pigmenti naturali) sia carica di simbolismi e spiritualità. Infine, don Nicola Bux ha offerto una panoramica sullo scisma tra Chiesa Greca e Romana, passando dal Concilio di Bari alle successive prove di ecumenismo. È necessario camminare uniti nello studio su Bisanzio e l’influenza in Puglia, paragonabile ad altre come quella Federiciana o quella di Bona Sforza, grazie alla presenza di un inestimabile materiale ancora da esaminare.