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Festival della Valle d’Itria- La scenografa/ costumista Leila Fteita e le opere Norma e Aladino

50 festival della valle d'itria
Clelia Conte

di Clelia Conte

foto di Clarissa Lapolla

Leila Fteita, scenografa e costumista di molte opere del Festival della Valle dì’Itria. E’ stata insignita del Premio Abbiati per scene e costumi del 2022. L’ho incontrata 25 luglio presso il Park Hotel San Michele di Martina Franca, dove ha ricevuto il Premio “Bacco dei Borboni” alla sua 47° edizione. Mi accoglie con molta cordialità e ci diamo appuntamento il giorno dopo in zona operativa al Palazzo ducale di Martina Franca.

E’ una persona semplice che non passa inosservata per la sua marcata personalità e fascino artistico. Capelli lunghi naturali, molto ondulati e un abito pregiato in lino con dei colori contrastanti dove prevale il viola, colore trasgressivo vicino agli eventi. Quest’aria da ragazza dove traspare la dolcezza di una madre amorevole innamorata del suo lavoro, sono ingredienti che la rendono ancora più intrigante. L’ho incontrata all’opera mentre curava l’installazione per la prima di Aladino di Nino Rota. Cura le opere del Festival da 16 anni.

L’intervista

Sono Leila Fteita e sono la scenografa e costumista della Norma di Giovanni Bellini e Aladino di Nino Rota qui al 50′ Festival della Valle d’Itria, anno speciale perché si festeggia rappresentando la Norma che pur non essendo un titolo usuale in questo festival, fu rappresentata nel 1977 con Grace Bumbry .

Mi è stato chiesto di fare 2 spettacoli, perché al Festival serviva un progetto scenografico che li contenesse entrambi allora ho immaginato questo impianto di scenografia, difficile da raccontare e più facile da comprendere visivamente.

Possiamo chiamarlo double face?

No, io lo chiamo “mostro con due teste” con due facciate, due anime completamente diverse, legate dal cervello nella parte centrale e poi da una parte c’è Norma e dall’altra Aladino.

Come ti è venuta questa idea: è stata proprio una genialata!

E’ stato frutto della mia esperienza e la mia creatività perché per fare questo lavoro ci vuole moltissima preparazione tecnica e poi il tutto deve essere filtrato attraverso la fantasia. In questo caso avevo delle richieste molto precise anche se comunque in un teatro all’italiana si hanno dei vincoli come la larghezza del palcoscenico, l’altezza, le porte e le misure da rispettare. Invece in questo caso ci sono delle misure più complesse perché è un teatro all’aperto dove non c’è la graticcia e quindi non puoi fare grandi cambi di scena a meno che non siano piccoli elementi. Mi piaceva fare una scenografia che proponesse un segnale molto forte: sia Norma che Aladino hanno due impatti visivi importanti e soprattutto con un messaggio molto chiaro. In essa c’è poca interpretazione per entrambe le opere in quanto ciò che vedi ti determina già un mondo. Mi piace far capire subito dove siamo e la scenografia deve dare la cifra del mondo in cui ci troviamo e che cosa vogliamo raccontare. In questo caso è molto più astratta la cosa perché (ribadisco) siamo in un palcoscenico all’aperto, non c’è graticcia, siamo in un festival e quindi penso che la scenografia non debba essere troppo articolata ma debba trasmettere un messaggio molto semplice per queste due opere.

Vuoi dire che deve avere una base pulita?

Si, secondo me si, oltre il fatto che è una scelta estetica più tecnica!

Mi spieghi cosa rappresenta questa libreria per Aladino?

Aladino

Si, per Aladino abbiamo questo grande muro che è a forma di un’onda: la gigantesca libreria bianca scolpita, ha un senso di realismo molto forte perché sembra vera, però è bianca e non ci sono i titoli dei libri, perché il significato della libreria è quello di contenere tutti li libri del mondo e quindi quelli della storia e di ciò che ha letto e che leggerà. Penso che abbia un valore educativo il fatto di rappresentare una biblioteca, il luogo in cui uno dovrebbe passare una parte della sua vita. Si parte da un libro, quello di Aladino che è inserito nei “Mille e una notte”, una raccolta meravigliosa e quindi tutto ciò rimanda a questo luogo, che è la biblioteca dove all’interno c’è questo libro che viene preso e letto. Poi magicamente da questa grande libreria bianca escono fuori i personaggi della storia che andiamo a raccontare e che al contrario della libreria sono molto colorati. Poi, all’interno di questa biblioteca si aprono magicamente come in un teatro barocco, degli altri spazi che vengono svelati attraverso delle grandi scale che servono per salire e per prendere libri ovunque e in questo caso per far salire delle comparse ottomane che aprono alcuni dei mondi che Aladino attraversa e che ho rappresentato con delle immagini pittoriche legate alle favole persiane.

Parliamo invece della Norma dove hai fatto proiettare delle immagini.

La Norma

Il girevole, ruotando si porta via Aladino e arriva Norma. Quando c’è Norma il girevole gira e si porta via Aladino ecco perché io lo chiamo “mostro con due teste”. Norma è una storia più astratta, non siamo nel verismo e quindi abbiamo questo grande muro rosso che noi usiamo per l’amore, per la violenza ma anche per la sofferenza. Questo muro lacerato da grandi fratture è tutto scolpito e nella parte bassa diventa viola. E’ un fatto ovviamente cromatico! Poi c’è un grande pavimento come un marmo romano creato con carte marmorizzate dipinte e trattate e che vanno un po’ in contrasto con la monocromaticità del muro. Mi piaceva questo contrasto. Per la Norma il cambio importante è la foresta dei druidi. Ho scoperto che esiste davvero ed ho disegnato questa quercia facendo in modo che si muovessero un po’ le fronde come se ci fosse il vento. Però l’immagine non mi sembra troppo aggressiva come spesso lo sono le video proiezioni. Appare un’immagine molto rispettosa secondo me anche del tipo di spettacolo che ho realizzato. Poi appare una fiamma che è sempre un mio disegno che ho fatto animare perché Norma si butta nelle fiamme e quindi, con la regista, ci sembrava interessante rappresentare anche il fuoco.

Avete realizzato una scena stupenda!

C’è la bellezza dei costumi che riempiono la scena!

Ecco, parliamo dei costumi che ho trovato attuali e originali.

Aladino di Nino Rota- il genio dell’anello, Alexander Ilvakhin

I costumi in questo caso sono parti integranti della scenografia: non sono separati come spesso succede. Rispetto alla finta semplicità del muro sono molto ricercati e importanti che si stagliano sul muro rosso con un effetto cromatico molto interessante perché essendo lucidi, con le luci c’è tutto un movimento anche di energia dei personaggi. Ho inventato delle parrucche un po’ particolari che fanno parte del personaggi: abbiamo una Clotilde con una grande parrucca riccia e bionda ed essendo giapponese è ancora più enigmatica. I personaggi che ho pensato di Norma, sono apparentemente appartenenti al passato ma se uno li guarda meglio potrebbero essere anche personaggi del futuro e quindi Clotilde sembra arrivata da un altro pianeta. Anche Adalgisa con quel grande parrucco un po’ africano ed un costume molto elegante risulta particolare . L’importante costume rosso di Norma, potrebbe sembrare di ispirazione greca ma potrebbe essere decò da cui mi sono ispirata, quindi qui c’è il passato e il futuro. Norma ha anche un costume viola molto bello con un grande strascico. Ho voluto inventare, mettendo insieme tutte le nozioni nella mia testa che in alcuni momenti somiglia ad un frullatore.

50à festival della Valle d'Itria
La Norma – opera di Bellini – Applausi finali. Al centro col vestito verde, Leila Fteita

Non si riesce a decifrare un periodo storico!

Leila Fteita e Clelia Conte
50à Festival della Valle dìItria- Sin. Leila Fteita e Clelia Conte davanti al Palazzo Ducale di Martina Franca dopo la rappresentazione di Aladino di Nino Rota

Infatti…ma è molto elegante e giusto nel personaggio. Per Pollione ho inventato una rete di cuoio: l’ho ingabbiato in una specie di corazza. Non si è mai vista una corazza lunga fino a terra e poi ha un grande mantello nero perché comunque lui rappresenta un romano. Questa gabbia che io ho fatto intrecciare a mano dalla sartoria, mi è piaciuta molto perché anche lì è una rivisitazione di una corazza romana ma che potrebbe benissimo essere un costume del futuro.

Tu hai avuto una lunga carriera straordinaria, in teatri famosi e internazionali. Cosa pensi del tuo percorso e cosa vorresti fare che non hai fatto?

Questo lavoro è la mia vita perché passo tutto il mio tempo andando da un teatro all’altro. Ho scelto di fare una vita bellissima ed ho sempre voluto fare questo lavoro senza tentennamenti. E’ stato durissimo con dei maestri molto severi. Io sono di Casale Monferrato e fino al liceo ho vissuto in Piemonte, zona di vini come Martina Franca. Ho fatto l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino però avevo capito che tutti i personaggi del teatro e del cinema vivevano a Roma. Così mi sono trasferita nella Capitale e dopo una settimana ero in studio a lavorare col mio primo maestro, Mario Pagano che all’epoca era scenografo emergente. A me piaceva quel mestiere: fare la progettazione in teatro, seguire i laboratori, capire come si realizza una scultura, una pittura, il momento fondamentale del progetto fino ad arrivare alle prove in sala e poi in palcoscenico. Io ero un’allieva a bottega dal maestro, come si faceva una volta. Mi piaceva imparare la filiera del nostro mestiere e quindi tutta la mia gavetta è stata fatta col mio maestro Pagano da Salisburgo alla Scala, lavoro che è durato tanti anni. Lui poi è morto prematuramente e al funerale un grandissimo maestro, Ezio Frigerio mi chiese di diventare la sua assistente nel suo studio e dall’ora ho anche lavorato con altri personaggi come Dante Ferretti che è venuto a chiamarmi dalla Scala e ho collaborato con lui per tanti anni, poi con la Cavani e poi c’è scritto tutto nel mio curriculum. Non mi sono mai fermata, ho fatto un lavoro continuativo sempre con grandissimi scenografi e registi poi ho finito di fare l’assistente ed ho cominciato a firmare.

Una lunga gavetta ed un meritato successo!

Lunga e che serve per svolgere una buona professione e se hai gli strumenti per eseguirla, vuol dire che hai fatto una grande gavetta. Io sono per il lavoro a bottega e penso che sia molto formativa.

Ci salutiamo e la ringrazio augurandomi di rincontrarla, un sorriso ed un saluto amichevole.

Da sx Marco e Federica Ferrante, Michele Punzi, Leila Fteita, Sebastian F. Schwarz (47° Premio “Bacco dei Borboni”)

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