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Le rivendite di giornali rischiano la chiusura?

Lo striscione presente sopra l'ingresso dell'edicola
Maria Silvia Quaranta

di Maria Silvia Quaranta

Camminando sotto i portici di via Domenico Cirillo, nel quartiere San Pasquale di Bari, arrivati al n.100 lo sguardo viene attirato da uno striscione che campeggia sopra l’ingresso di una edicola di giornali. Quello che meraviglia è che in città solo un giornalaio ha esposto la scritta “Chi vuole la fine delle edicole?”, per cui siamo andati ad intervistare il titolare Raffaele Moschini.

L'edicola di via Domenico Cirillo a Bari
L’edicola di via Domenico Cirillo a Bari

Come si svolge la vita di un giornalaio?

Faccio questo lavoro da una ventina d’anni, per i primi 5 anni come dipendente di un chiosco, poi da 14 anni con un mio negozio. La vita dell’edicolante non è per niente facile: la sveglia è all’alba, si effettua lo scarico / carico della merce dal camion (ultimamente hanno compresso i tre giri su due camion quindi il materiale arriva sempre più tardi e si va sempre più a pressione), la spunta di ciò che si riceve, la preparazione delle consegne della mattina. Inoltre, avere un negozio comporta la gestione e vendita della parte di cartoleria e giocattoli. L’arrivo del POS rappresenta un ulteriore costo da affrontare, a carico totale del commerciante. Non ci sono giorni di riposo, perché si dovrebbe lavorare dal lunedì alla domenica, festivi e prefestivi compresi. L’orario standard va dalle 06:00 alle 13:30, e il pomeriggio si riapre alle 16:30 fino alle 20:00. È un lavoro di sacrificio, un lavoro che richiede molto impegno. Occorre avere molta pazienza, come tutti i lavori a contatto con il pubblico, perché bisogna fare attenzione alla merce esposta, con i bambini che afferrano le bustine di figurine, i clienti che si prendono “gratis “i gadget, o quelli che fanno mettere da parte la merce e poi non passano a ritirarla o lo fanno troppo in ritardo, senza dimenticare coloro che tentano di utilizzare soldi falsi o monete “tarocche”.

Raffaele Moschini nella sua rivendita
Raffaele Moschini nella sua rivendita

Cosa sta accadendo ultimamente?

In questo periodo stiamo manifestando con il Gruppo NON, il gruppo degli edicolanti d’Italia guidato da Andrea di Silvio, tramite la sigla Ugl che ci dà l’appoggio, perché abbiamo una situazione drammatica. Ci sentiamo abbandonati ritenendo di non avere aiuti adeguati. O meglio, ci stanno dando dei piccoli bonus insufficienti, che il governo centrale stanzia alla Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali), e che la Fieg poi dovrebbe ripartire in maniera equa. Invece a noi arriva una piccola parte: quest’anno 10 milioni di euro alle edicole ripartite in due bonus, 6 milioni per il primo da circa 2.000 euro con detrazione al 4% (1.920 euro) e 4 milioni per il secondo bonus, suddivisi per oltre 9.000 edicole. Si parla di briciole, calcolando che il costo di gestione è aumentato perché sono aumentati il costo INPS, le bollette, la distribuzione.

Su questa situazione incide l’aumento del costo dei giornali?

Sì assolutamente. Sono aumentati i costi delle riviste, dei periodici e dei quotidiani, e quindi molti clienti non comprano più come prima. C’è da dire che il Covid ha portato via un buon 30% della nostra clientela, che è perlopiù composta da persone over 70, perché sotto i 50 anni non si legge molto. È palese che gli editori non incentivano la vendita al dettaglio, perché l’aumento dei costi dei quotidiani e periodici fa da contraltare ad offerte più invoglianti dell’online.  

Di quali costi stiamo parlando?

 Calcolate che la media del costo di un quotidiano oramai è intorno ai 2 € perché il venerdì, il sabato e la domenica ci sono quotidiani che arrivano a costare fra i 2,50 / 3 €, e le riviste settimanali, quindicinali, mensili, trimestrali vengono reimmesse nel meccanismo dopo aver fatto tutto un giro di carico e scarico a livello fiscale. Inoltre, i supplementi, la maggior parte delle volte, sono strapieni di pubblicità con cui gli editori vivono, ma a noi non viene riconosciuto niente, anzi ogni qualvolta noi compieghiamo questi supplementi ci viene riconosciuto l’aggio d’uso mediamente di 0,01 / 0,02 centesimi. In questo sistema di blindatura degli editori l’ultimo esempio pratico è quello della vendita de La Gazzetta dello Sport e La Gazzetta del Mezzogiorno a 1,70 €: si devono vendere insieme due quotidiani che avrebbero dovuto portare 3 € e invece costano solo 1,70 €, e su quella somma noi non guadagniamo neanche 33 centesimi, che sono poi da tassare. Stiamo lavorando con un margine di guadagno del 17.50% lordi dal prezzo di copertina del prodotto.

– Cosa fanno i sindacati?

Abbiamo i nostri sindacati che dovrebbero muoversi in modo più coordinato, anche perché qui a Bari c’è la maggior sigla sindacale provinciale, che ha la postazione all’interno del distributore locale.

Rivendita di giornali, giocattoli e cartoleria
Rivendita di giornali, giocattoli e cartoleria

– Qual è lo scenario che si preannuncia?

Così facendo si porterà all’eliminazione dal tessuto commerciale di queste piccole rivendite al dettaglio. Facciamo parte di quei negozi di prossimità che hanno ancora collegamenti con i cittadini, con le persone anziane e sole, e facendo crescere i bambini con i giocattoli, con i fumetti, con i libri, con giochi di logica.

In questa situazione molto critica stiamo lottando da soli, siamo un manipolo di persone che ha voglia di fare senza l’appoggio di nessuno, perché ci sentiamo completamente ignorati sia dai sindacati che dal governo.

L’insieme di edicolanti riuniti nel Gruppo NON, ritiene che aumentando l’aggio, indirizzando tutto il prodotto editoriale in edicola compresi gli abbonamenti, allentando la morsa dei pagamenti, ad oggi non si sarebbero messe sul lastrico 50.000 famiglie, e si avrebbe ancora una libera e seria informazione scritta.

In un manifesto da loro elaborato si evince come questi lavoratori operino con parametri lavorativi stipulati 18 anni fa (accordo nazionale), scaduto 13 anni fa e mai rinnovato.

Pagando tutto in contanti ed in anticipo, su presunti venduti (esclusi i quotidiani), e per la merce consegnata in conto-vendita, sono costretti a riconoscere fideiussioni o altre forme di garanzia. I distributori locali non esistono più e quelli nazionali, operano da centinaia di chilometri di distanza, in automatico, con ripercussioni nelle varie rivendite.

Tutta questa situazione che genera confusione, poche certezze e molto malumore, ha portato in 15 anni a veder diminuire drasticamente il numero dei punti vendita a livello nazionale, che sono passati dai 43.000 a circa i 9.000 attuali.

Occorre porre l’accento su questa realtà, quando ormai si sta perdendo il rapporto genuino tra i negozietti di quartiere e i loro abitanti, primeggiando ormai tutto ciò che è l’online e il digitale, che è il futuro ma manca di un fattore vitale: il rapporto umano, il dialogo, lo scambio relazionale.

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