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La fotografia bisogna sentirla. Culla dell’emozione nei progetti fotografici di Loredana Moretti

Loredana moretti


di Piero Fabris

Appuntamento ore nove a casa di Loredana Moretti. Mi avvio a piedi per il quartiere Murat di Bari dove le strade sono tutte parallele e perpendicolari e sulle quali si affacciano palazzi d’epoche diverse. Sulle vie scorrono a passo svelto giovani turisti con lo zaino in spalla, cercano una caffetteria per colazione mordi e fuggi dalla quale uscire poi con gli occhiali da sole sollevati, senza accorgersi di certi ricami scolpiti nella pietra, espressione degli animi dei baresi. I negozi eleganti hanno ancora le palpebre abbassate, da qualche sbadiglio sguscia il bagliore delle vetrine. È estate e Bari a quest’ora si presenta assonnata, dopo le notti animate. In un angolo un recinto di lamiere e pannelli O.S.B. ricoperti da manifesti pubblicitari sembra voler richiamare un collage Pop Art. Non ha il tempo di sbiadirsi! Nasconde al suo interno un palazzo sventrato, colonizzato da arbusti spontanei.

Finalmente sono sotto casa di Loredana Moretti. Citofono, prendo l’ascensore e mi lascio portare dall’esofago del palazzo. Mi accoglie sulla porta la padrona di casa. Per un attimo l’occhio si posa sui finestroni spalancati sulle terrazze della città dai quali fasci di luce entrano e si proiettano sulla parete opposta illuminando le sue foto ed un quadro riconoscibile per stile. È un’opera di Rocco Antonio D’Aversa in arte Puccetto. Prendiamo posto attorno a un tavolo sul quale ci sono i cataloghi ed i libri dei suoi progetti fotografici. Salta subito all’occhio, dalle note biografiche che Loredana Moretti è diplomata in pianoforte e dal 1990 fotografa. È insegnante di sostegno. Fin da bambina era affascinata dalla fotocamera: la scatola magica con la quale il padre si divertiva a fotografare la famiglia. Per la Moretti scattare è immortalare stati dell’anima, una sorta di specchio nel quale riconoscersi, non un semplice ricordo. Sono scatti dettati dalla sensibilità; immagini che custodiscono non solo emozioni, ma documentano un vissuto presente.

E così, davanti alle fotografie realizzate all’interno dell’Ex O.P.I.S. (l’Ospedale Psichiatrico Interregionale Salentino, chiuso nel 1998 in applicazione della legge Basaglia), più che il senso del vuoto la fotografa coglie, sente, il dolore impresso nel luogo. In altri termini è come se si sintonizzasse con lo spazio, percependolo senza invaderlo, senza spogliarlo. Nel documentare il senso di abbandono che aleggia tra queste mura sbriciolate dal tempo, è come se Loredana Moretti fosse stata capace di sentire tutto lo strazio subito dai pazienti andando oltre il vuoto, ma fissandone le tracce. È come se, munita d’Orecchio Assoluto, sapesse sintonizzarsi con gli spazi, con gli aspetti diafani, con la presenza invisibile del dolore che urla, che contorna certi ambienti. La Moretti ritrae posti ai margini attraverso la sua pesante macchina fotografica “a pozzetto” fissata sul cavalletto per inquadrare spazi dove il senso del privato non esiste e la vita in comune è controllata continuamente, anche ora che i pazienti non ci sono più. Per lei Fotografare è soprattutto servizio sociale, desiderio di puntare i fari contro l’incuria dell’anima, contro i recinti nei quali è reclusa la sofferenza. Foto, le sue, che lasciano emergere il bisogno d’Ascolto di chi rimane ai bordi, spesso percepito come un disturbo. È come se Loredana avesse bisogno di definire certe realtà per spiegarle a sé stessa, per capire il malessere profondo che si nasconde dietro le apparenze e lo fa senza stigmatizzarlo. Sedie, cisterne, banchi, letti, lavandini, teglie incolonnate, le ha descritte usando le ore del giorno dove la luce si fa calda, più intensa e gli oggetti appaiono in tutta la crudezza, liberando l’eco imbavagliata dai luoghi comuni. Si scappa da certe periferie, lasciando alle spalle utensili e abiti incellofanati anche dal tempo, quali testimoni scomodi di chi grida parole come libertà.

Loredana moretti
Ex OPIS 1
Loredana moretti
Ex OPIS 2

progetti della fotografa sono provocazione? È come se fosse alla ricerca di accordi, di linguaggi facilitati per creare comunicazione, seminare rispetto dei tempi di ogni creatura, della fragilità e difetti che ci rendono unici. Sorrido e penso al pianoforte, all’educazione all’Ascolto; sorrido e penso ai martelletti che sanno far vibrare le corde dello strumento come certi ritratti che sanno spogliarci, divenire note musicali coese, musica senza barriere davanti alle quali potersi consegnare nudi alla via, serenamente, senza essere giudicati, ma vissuti come dono sacro. Loredana Moretti, davanti alle piccole storie sa trovare il pentagramma sul quale iscrivere identità e farne spartiti che inanellano gli animi per tratturi schiusi su grandi storie umane.

Sul tavolo il progetto dal titolo: “Le Vie Di Ferro”, appare come invito al viaggio, ma è soprattutto invito all’incontro, alla scoperta/bisogno di presenze ossigenanti. Era nato inizialmente come documentazione sul disagio abitativo; si è successivamente focalizzato su aspetti collegati alla difficile realtà lavorativa/abitativa, nonché gestionale dei caselli ferroviari del Sud Est Salentino. E parlando di percorsi dobbiamo necessariamente parlare di incontri, di emozioni, di vicende umane e artistiche di un uomo “casellante per necessità e pittore per vocazione”. Le vie del ferro sui quali scorrono i treni è divenuto un tuffo nella magia di colori; viaggio che sospende lo scorrere del tempo nei mille ed un racconto di gente autentica che sa sollevare le sbarre di un casello e accogliere il viaggiatore, non il turista mordi e fuggi, nell’incanto di visioni vigorose.

Loredana moretti
Le vie del ferro

Loredana Moretti, fotografa con diploma in pianoforte, dialogando compie una sosta e finisce col parlarmi di occhi scuri che dal profondo lasciano emergere caparbietà e saggezza, dignità e silenzio inquieto, mi parla di Puccetto, del suo astrattismo istintivo, mentre i suoi occhi divengono lucidi, mi parla della loro amicizia ventennale e la sua voce tradisce l’emozione. Mi parla di un progetto fotografico che insieme a lui ha messo a punto. Mi dice: “La sua vicenda umana e artistica meritava di essere raccontata con la forza dell’immagine, con la schiettezza semplice e diretta dell’esperienza, ricordi del mutare seme del futuro. Presente, passato e futuro sono stratificati sulle pareti, sono graffiati, scritti sui muri”. In quel casello che lo vide sollevare e abbassare con la manovella la sbarra del passaggio a livello vi è la sua vita irrequieta, quella che non si arrende, che non inciampa nella falsità e che ha saputo trovare nella pittura informale, nella tecnica simile allo “Splatter Style” di Jackson Pollock, l’espressione migliore per ribellarsi all’ipocrisia. Interrompo la fotografa dicendole che questa storia andrebbe pubblicata. La fotografa spinge verso di me un libro a lui dedicato dal Titolo; “Una Storia di Colori e Libertà” con un testo critico di Denis Curti editato a maggio di quest’anno da Sfera Edizioni.

Lo stesso Denis Curti sintetizza così lo spirito del libro ed in fondo dell’opera in generale di Loredana. “II tema centrale per Moretti è quello dell’incontro. In questi scatti a contare è certamente l’elemento sorpresa, ma a prevalere è la quantità umana di cui sono pervasi. Una rivelazione fautrice di un ambizioso gioco di livelli percettivi per il quale l’involucro artistico è primario, ossia la fotografia dell’opera sottende la presenza di un elaborato ultimo, cioè l’artificio, come trasposizione della vita: è l’arte che divora sé stessa. Le immagini di Loredana Moretti si legano a doppio nodo con la pratica artistica di Puccetto, a tal punto che negli occhi dell’altro risulta possibile rintracciare persino una lacrima della propria individualità”.

Loredana moretti
Loredana moretti
Una storia di colori e libertà – bicicletta

Il tempo è volato, prima di affrettarmi per gli scalini, mi soffermo davanti al quadro degli stracci, come li definiva l’artista di Tricase, ben sapendo che si sarebbe irritato davanti a un osservatore mordi e fuggi, uno che non dona il tempo, non ha tempo per ascoltare, per sintonizzarsi, essere diapason con chi ha da fare del colore il vero protagonista di una pezza. Tutte sfaccettature che Loredana Moretti ha tradotto nelle sue fotografie con la pazienza, la lentezza e la volontà di ascoltare che una grande fotografa come Lisetta Carmi ha sintetizzato nella frase “Ho fotografato per capire”.

LOREDANA MORETTI

Loredana Moretti

Loredana Moretti nasce a Bari nel 1966. Fotografa dal 1990, diplomata in pianoforte, docente di sostegno, counselor professionista.

La sua fotografia è caratterizzata da una spiccata sensibilità introspettiva. L’interesse verso la silenziosa architettura del paesaggio è motivato dal rappresentare “l’assenza” come racconto dei luoghi e stimolo al cambiamento. Si occupa prevalentemente di fotografia di ricerca e di impegno sociale, con particolare attenzione al disagio mentale.

Tutti i suoi progetti fotografici sono stati realizzati in medio formato 6×6 e Polaroid.

Affermata in campo nazionale ed internazionale.

Principali mostre: “Biennale Internazionale di Fotografia” Torino, “La Dama del Castello” Repubblica di San Marino, “Fondazione Italiana per la Fotografia” Torino, “Castello Svevo” Bari, “Foiano Fotografia” Arezzo, “Toscana Foto Festival” Grosseto, “Castello Carlo V” Lecce, “Pinacoteca Provinciale” Bari, “Castello Carlo V” Monopoli (Bari), “Museo Civico” Bari, “Galleria Fotografica Luigi Ghirri” Caltagirone, “Galleria Domus Milella” Bari, “MUST – Museo Storico Lecce.

Premi: “Alberobello fotografia 2000” Alberobello, “Portfolioinpiazza 2001” Savignano, “Foto España 2002” Madrid, “Memorial Mario Giacomelli 2003” Benevento.

Esperienze: presentazione al “World Press Photo 2003” dall’Agenzia Grazia Neri di Milano, seminario al “Corso di laurea in Scienze della Comunicazione-Storia e tecnica della Fotografia” c/o l’Università di Lecce, progetto sul “disagio abitativo” nel Salento per la Facoltà di Architettura e Urbanistica di Bari, giurato premio internazionale di cinematografia nera XVII edizione “Balafon Film Festival” del 2007, giurato del “Bari International Film&TV Festival BIF&ST” nel 2010, giurato del concorso fotografico “Alma murgiana” del 2011.

Pubblicazioni: collaborazione con riviste nazionali di arte contemporanea e arredamento, sue foto sono state pubblicate sul catalogo internazionale “Invito al collezionismo” ediz. “Forma” Milano e sul volume “Mediterranea” ediz. “Federico Motta Editore”; nel 2024 pubblicazione del libro “Una storia di colori e libertà” edito da Sfera Edizioni.

Archivi: Fondazione Italiana per la Fotografia di Torino, Pinacoteca Provinciale di Bari, Museo Universitario della Fotografia D.A.U. di Bari.

Alcune sue fotografie e Polaroid sono state vendute all’asta accanto ad opere di fotografi di fama internazionale quali Alexandr Rodchenko, Mario Giacomelli, Sebastião Salgado, Oliviero Toscani, Eugène Atget.

4 thoughts on “La fotografia bisogna sentirla. Culla dell’emozione nei progetti fotografici di Loredana Moretti

  1. Bellissimo articolo . Musica e fotografia. Che bel binomio! . Chi ascolta la musica e riuscendo a vedere per immagini le Emozioni che prova e ha anche la capacità di riprodurre su tela o su foto sarà sicuramente coinvolgente nel suo lavoro come lo è l artista Loredana Moretti.. Complimenti al giornalist
    a Fabris che conduce il lettore in un mondo di musica e colori ed emozioni

  2. Bellissimo articolo, avvincente come un racconto.
    Talmente bello che dispiace essere arrivata alla fine della lettura. E allora? Lo si rilegge, ovvio.

  3. Musica dello scatto. Ottimo articolo, lascia un solco. Fotografia che chiede tempo, silenzio, parla sottovoce.

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