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L’attualità del romanzo “La Nuora” di Kevork George Apelian

di Piero Fabris

Kegham Jamil Boloyan

Kegham Jamil Boloyan è armeno siriano. È nato ad Aleppo. È professore di letteratura araba, insegna lingua e traduzione araba presso l’università Aldo Moro di Bari e l’Università del Salento.  È presidente del Centro Studi di Orientalistica di Bari e vice presidente dell’Unione Armeni d’Italia. A lui si devono traduzioni in italiano di testi come: I mendicanti nobili di Hagop Baronian, Il genocidio armeno 1915 nel pensiero degli intellettuali arabi siriani di Nora Arissian, Il narratore del deserto di Abd al Salam al Ugayli, Il richiamo del sangue-ricordi…dal genocidio armeno 1915 di Aghavni Boghossian, Racconti algerini di Abd al Hamìd Ben Haduqa tanto per citare alcuni titoli frutto del suo impegno inteso come servizio alla memoria, ma soprattutto  i suoi libri sono strumento per costruire ponti di congiunzione grazie ai quali favorire il dialogo, la conoscenza che è una forma d’amore per l’umanità tutta.  I libri da lui tradotti non sono un semplice esercizio di traduzione ma, delle vere meditazioni per imparare a contemplare la storia da angoli diversi ed imparare a mediare cioè a realizzare fulcri, ovvero centri di onestà intellettuale.

Copertina del libro La Nuora

L’ultimo libro tradotto da Kegham J. Boloyan insieme a Daniela Musardo dal titolo La Nuora è dello scrittore armeno Siriano Kevork G. Apelian che è di un’attualità sconvolgente. È la storia della bellissima Anna, antenata dello scrittore che alla vita agiata di un matrimonio combinato, preferisce attraversare il buio, vincere la paura della notte e sposare l’uomo che l’affascina. Vivere il proprio sentire. Il testo evoca tradizioni armene, ci fa immaginare i profumi della terra che in armonia con i suoi abitanti ha frutti di stagione scanditi da feste di ringraziamento e rispetto per la natura, descritte con il senso del sacro dall’autore. Un libro come un viaggio/meditazione che affianca alla bellezza del paesaggio le verità dei fatti accaduti e che non possono, non devono essere negati, rimossi. Dalle pagine palpitanti del romanzo emerge l’intento educativo dell’Apelian. Il genocidio armeno non è solo una marcia nel deserto che lascia alle spalle morte per gli stenti, ma è un cammino nell’aridità di quanti, senza statura morale, miopi esecutori di ordini superiori, approfittando del proprio grado, lo usano per soddisfare i propri istinti. È strano come in un attimo tutto può cambiare e così gli operai della vigna che qualche mese prima andavano insieme a vendemmiare e all’ombra di un ulivo si dividevano il pane e l’acqua divengono nemici indossando divise diverse! È bello riflettere sul valore della casa, del paese natale al quale far ritorno. È bello ritrovarsi a sorridere ripensando a tante conquiste tecnologiche che oggi appartengono al nostro quotidiano, come la luce elettrica o l’uso del telefono lasciassero nei nostri avi stupefatti. La Nuora dell’Apelian è un esempio di fede e con i suoi tracciati paralleli presenti nel libro ci accompagna a far l’esperienza della deportazione che ci spoglia di tanto e ci riveste di molto, ci apre alla ri/conoscenza, al saper ritrovare nell’altro il sacro ospite che sa prendere posto attorno al fuoco e dividere il poco che porta con sé nella caverna degli adattamenti. La nuora Anna non è solo la protagonista di queste pagine, il simbolo della forza delle donne, del coraggio di chi sa mettere a punto i propri sogni, ma è l’icona della madre terra, dei valori, dell’accoglienza che sa abbracciare, innanzitutto Ascoltare.   

3 Settembre 2024

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