Donald Trump sbaraglia Kamala Harris. Il tycoon è il 47° presidente degli Stati Uniti d’America Notizie dal Mondo Politica 7 Novembre 20247 Novembre 2024 di Cinzia Santoro Donald Trump sbaraglia Kamala Harris e trionfa con una vittoria schiacciante. Ma quali sono i motivi che hanno portato alla elezione di Trump? Sostanzialmente la campagna elettorale del tycoon si è basata su tre questioni che interessano gli americani: la migrazione, l’inflazione e i conflitti in cui gli States danno il loro appoggio. Donald Trump per tutta la campagna elettorale ha detto no ai flussi migratori, no all’inflazione galoppante e no ai al sostegno dei conflitti all’estero. Quest’ultimo punto riguarda anche noi europei che viviamo accanto a due sanguinose guerre che riguardano l’Ucraina e il genocidio palestinese. Paolo Magrì presidente del Comitato scientifico ISPI ha affermato: “Trump saprà mettere fine al conflitto in modo degno per l’Ucraina e a quello in Medio Oriente? O darà maggiore furore al primo, soprattutto tra i paesi che sostengono gli ucraini?” Trump e il suo vice J.D. Vance hanno chiarito la loro intenzione di abbandonare la questione ucraina, mettendo fine agli enormi aiuti economici e militari che Washington ha fornito negli ultimi due anni e mezzo dall’aggressione russa. Una linea che è sollecitata da una chiara maggioranza dell’elettorato repubblicano e da un numero sempre maggiore di democratici. Una legge approvata nel dicembre scorso che impone lo stesso modello di ratifica dei trattati, ovvero la maggioranza qualificata dei 2/3 dei senatori presenti in aula, ha reso ancora più improbabile un’uscita dalla NATO. Tuttavia, questo disimpegno degli Stati Uniti potrebbe ridurre il significato politico e le capacità operative dell’Alleanza Atlantica, che, come spesso dimentichiamo, è sostanzialmente federata dalla leadership statunitense. cartina politica E in Medio Oriente, darà via libera a Netanyahu aprendo un fronte ancor più pericoloso in Iran? Trump ha dichiarato la sua intenzione di rafforzare e ampliare il quadro degli Accordi di Abramo, che sono un fattore fondamentale per la stabilità in Medio Oriente. Questi accordi hanno aiutato a normalizzare le relazioni tra Israele e alcuni stati arabi, come Emirati Arabi Uniti e Bahrein, in termini di cooperazione economica e sicurezza negli ultimi anni. Tuttavia, l’attuale tensione regionale e la guerra in atto, insieme all’influenza dell’Iran, minacciano di complicare ulteriormente l’equilibrio raggiunto. I paesi firmatari degli Accordi, anche se non sono stati direttamente coinvolti nei recenti conflitti, condividono la preoccupazione per la stabilità dell’area e potrebbero trarre vantaggio da un potenziale intervento diplomatico per ridurre le tensioni tra le regioni e tra le nazioni. In questa prospettiva, la possibilità che Trump proponga una riattivazione degli Accordi di Abramo rappresenta una strategia per tentare una de-escalation e rafforzare le alleanze con i Paesi del Golfo, che considerano l’Iran una minaccia comune. E come gestirà il rapporto con la Cina? il tema dei dazi, la politica di sicurezza nell’Indo-Pacifico, con un focus particolare su Taiwan e il rapporto con gli alleati regionali sono i punti principali. Sulla Cina e Taiwan potrebbe essere più morbido ma sui dazi forti alla Cina sarà molto duro? La Cina ha oggi molti problemi e i dazi di Trump potrebbero essere un ulteriore problema aprendo uno scenario interessante da capire. E con l’Europa? Scrive Antonio Missiroli, ISPI Senior Advisor: “Trump ha un atteggiamento nei confronti dei paesi alleati, che è caratterizzato da un approccio fortemente rivendicativo degli interessi degli States e da una pratica coercitiva e transactionale nel perseguirli. D’altra parte, l’imprevedibilità del presidente e il fatto che non sarà in grado di candidarsi per un terzo mandato entro quattro anni potrebbero sorprendere. Sia che la prospettiva di un ritorno alle scaramucce commerciali e ai dazi unilaterali appaia piuttosto concreta, per la quale l’UE, in particolare, si stia già preparando, l’ipotesi di un disimpegno di Trump dalla NATO e di un suo go-it-alone nelle relazioni con la Russia di Putin solleva questioni più profonde sulla traiettoria delle relazioni transatlantiche e sul futuro stesso dell’Occidente. Di sicuro il nuovo presidente troverà un’Europa meno compatta a resistere alle pressioni della politica americana. Continua Missiroli: “Non solo infatti il centro politico del continente (a cominciare dal ‘motore’ franco-tedesco) appare diviso e indebolito, ma le forze che in Europa rivendicano affinità con la coalizione che ha riportato al potere Trump e ne saranno a loro volta ispirate, sono oggi più forti, e in alcuni casi perfino al governo; solo una piccola minoranza sembra augurarsi che il ritorno di Trump possa costituire uno shock salutare per l’Europa, spingendola ad investire una volta per tutte sulla propria “autonomia strategica”. La prospettiva di un’Europa forse meno impreparata ma certo più divisa di fronte a Trump è dunque reale, e se ne avrà probabilmente un primo assaggio già al vertice informale UE previsto per l’8 novembre prossimo proprio a Budapest per discutere di competitività e del Rapporto Draghi. Aspettando con trepidazione i prossimi passi del tycoon al potere continueremo a seguire uno dei politici più controversi e enigmatici del nostro secolo, Donald Trump, 47° presidente degli Stati Uniti.