Al Teatro Palazzo di Bari. Riccardo Rossi con “That’s Life! Questa è la Vita”: applausi a scena aperta per un one man show frizzante e supercoinvolgente Cultura Teatro 13 Marzo 201713 Marzo 2017 di Romolo Ricapito Al Teatro Palazzo di Bari è andato in scena, apprezzatissimo, lo spettacoloThat’s Life! Questa è la vita, mattatoreRiccardo Rossi. Lo one man show è stato scritto dallo stesso Rossi con Alberto Di Risio, che ne ha curato anche la regia. In questo spettacolo autobiografico Riccardo Rossi fa un bilancio dei 50 anni (e passa) suoi, ma anche quelli degli spettatori coetanei, oppure di chi i fatidici 50 li ha già vissuti da un pezzo, avviandosi alla terza età o facendone ormai parte, per ragioni strettamente anagrafiche. Ma anche chi è più giovane assiste a uno splendido spaccato di costume accattivante ed empatico, che va dagli anni Sessanta ad oggi. Avvalendosi di un megaschermo, l’attore protagonista si immagina già morto, con tanto d’immagine di tomba e lapide. Questo eccesso serve per scherzare sulla morte, esorcizzandola, rapportandosi quindi ai primi anni di nascita del soggetto, che nell’autobiografismo diventa “tanti soggetti”, ovvero la quintessenza dell’uomo comune . Riccardo Rossi convince con il suo discorrere giovale che quando si infervora lo accende in volto di colore rosso peperone. Nel percorso umano viene inclusa la vita prenatale, mentre le ecografie vengono rapportate ai sistemi ormai rudimentali che accertavano le gravidanze più di mezzo secolo fa. Il tutto inframmezzato da qualche citazione colta, come un quadro del pittore Norman Rockwell (1894-1978) denominato Sala d’Attesa e la nota canzone Isn’t she lovely di Stevie Wonder dedicata dal soul man americano alla nascita della figlia Aisha. Stevie Wonder L’attore-autore utilizza temi e schemi classici, che però possono essere sempre ri-aggiornati a seconda dei mutamenti del costume. I confronti tra le varie epoche risultano dunque spassosi, oltre che riconoscibili. L’aneddotica barzellettistica di Riccardo Rossi attinge a figure iconiche come Walter Chiari e Gino Bramieri, ma con una grande attenzione all’ambiente romano. Riccardo Rossi durante lo show ha creato similitudini tra la Capitale e Bari, trovandole affini in certi riscontri, come abitudini e usanze. Adoperare dunque situazioni nelle quali tutti o quasi possono riconoscersi risulta l’arma vincente: ecco le foto della scuola elementare col più bravo della classe, Mauro Albonico, già moderno nel look, mentre gli altri scolari della sezione di Riccardo Rossi sono i classici figli degli anni Sessanta, con pantaloni corti e scarpe massicce e obsolete. Con questa svolta originale di temi e mezzi (il contributo delle diapositive) il protagonista ha attualizzato il vintage, rendendo le vecchie informazioni vivide e dettagliate, come se si vivesse in un eterno passato, che riaffiora nelle ossessioni odierne. Ma viene esaminata oltre che l’età di mezzo, anche la vecchiaia, con un riferimento alla demenza senile, sempre più diffusa con l’allungarsi della durata della vita. La vecchiaia però è uno stato d’animo, suggeriscono gli autori della pièce, che può essere sovvertita dall’ironia . Ad esempio quella che si concentra sugli oggetti. Questi ultimi, soprattutto quelli che attengono al quotidiano, vengono apprezzati e vissuti meglio nella vecchiaia, scatenando una forma di forte rassicurazione e compiacimento. Applauditissimo il monologo sulla moka, la tradizionale caffettiera Ma anche la comicità sulla vista che dopo i 50 inizia a fare cilecca richiedendo l’aiuto degli occhiali per leggere da vicino è stata molto apprezzata. Spassosa la sezione sulla lettura delle etichette alimentari, in particolare quelle della pasta. Riccardo Rossi pare avvertire come tutti quanti noi il passare del tempo, ma è convinto che scherzarci sopra sia un grande antidoto alla malinconia, mentre I Will Survive di Gloria Gaynor è l’inno immortale della sua generazione.