8 marzo: Intervista ad Angela Lacitignola presidente di “Sud Est Donne”e coordinatrice Centro Anti Violenza “Rompiamo il silenzio” Attualità 8 Marzo 20208 Marzo 2020 di Cinzia Santoro ROMPIAMO IL SILENZIO – INTERVISTA A ANGELA LACITIGNOLA Luoghi comuni, stereotipi e frasi fatte sono alla base della cultura dominante in una società impastata di maschilismo. Attorno a noi pretendiamo di vedere principesse vestite rigorosamente di rosa, modelle ammiccanti, mogli attente e devote maestre in multitasking domestico, colleghe accondiscendenti e mal retribuite. Machismo e sessismo alimentano più o meno consapevolmente la macchina infernale della violenza di genere. Un argine in termini di prevenzione e tutela è rappresentato dall’impegno prezioso di alcune Donne che si occupano di altre Donne. Incontriamo Angela Lacitignola, Presidente dell’Associazione “Sud Est Donne” e Coordinatrice del Centro Anti Violenza “Rompiamo il Silenzio”. Femminista, volitiva e sensibile, si prodiga sul territorio ionico affinché possa essere demolita quella cultura patriarcale di cui è intrisa la nostra società. Come nasce il tuo impegno in quest’ambito? Angela Lacitignola Ognuna di noi si trova a svolgere un lavoro che in qualche modo ha a che fare con la propria storia, con il proprio percorso di studi e con le proprie inclinazioni. Avevo un padre violento. Per decenni, io, i miei fratelli e nostra madre, abbiamo subito violenze fisiche, psicologiche ed economiche. Credevo di essere semplicemente stata sfortunata perché avevo “un padre pazzo”. Solo molto tempo dopo ho capito che in molte famiglie vi era lo stesso problema e che gli uomini usavano il loro strapotere nel rapporto con le donne, non a causa della pazzia bensì per una deviazione socio-culturale. Per dieci anni mi sono occupata di affido di minori, poi ho capito che per aiutare i figli bisogna aiutare le loro madri. Come siete organizzate sul territorio? Dal 2007 mi occupo di antiviolenza attraverso l’Associazione “Sud Est Donne” insieme alle mie straordinarie compagne di viaggio. Dal 2013 ad oggi, con il Centro Anti Violenza “Rompiamo il Silenzio” che opera negli Ambiti territoriali di Martina Franca, Massafra, Ginosa e Manduria, abbiamo accolto circa 600 donne. Come operano i C.A.V.? I centri antiviolenza, ormai diffusi in tutto il territorio pugliese, si occupano solo di violenza di genere, ossia di tutte quelle forme di violenza inflitta alle donne in quanto donne e che hanno come rovescio della medaglia la copresenza della violenza assistita poichè il 90 % delle donne che si rivolgono a noi ha dei figli. Nei centri antiviolenza, come disposto dall’art.107 del Regolamento Regionale 4/2006, operano solo donne professioniste (avvocate, assistenti sociali, psicologhe, sociologhe, operatrici di accoglienza) che, lavorando su se stesse per liberarsi dagli stereotipi di genere, riescono ad ascoltare e ad accogliere ogni donna. L’approccio è quello di “genere” che implica la decolpevolizzazione delle donne, il ricondurre la responsabilità della violenza solo al maltrattante e il convogliare l’enorme forza delle donne in percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Come si può contattare un C.A.V.? Tutti i centri antiviolenza sono reperibili h24 attraverso il numero telefonico 1522 o i numeri specifici di ogni centro. Per il C.A.V. Rompiamo il Silenzio il numero di cellulare per fissare appuntamenti o per le emergenze è il 331.7443573. Il momento storico attuale sta condizionando il vostro lavoro? Il nostro timore in questo particolare momento di emergenza Codiv19, è che le donne continuino a resistere in situazioni di violenza crescente e con ridotte possibilità di accesso ai centri antiviolenza, ai presidi delle forze dell’ordine o ai pronto soccorso a causa delle misure precauzionali o di quelle restrittive. Ora che le scuole e i centri per l’infanzia sono chiusi, ad esempio, temiamo per quei bambini che vivono con papà maltrattanti. Allo stesso modo temiamo che in quelle famiglie possano perpetrarsi gli orrori della violenza dinanzi alla distrazione generale e in un clima di ulteriore minimizzazione e normalizzazione degli agiti violenti. Il rischio è che, accanto alla violenza intrafamiliare, agisca in questo momento una ancora più evidente “violenza istituzionale” che tende ad azioni e a provvedimenti sbrigativi o addirittura assenti. Il 25 febbraio con l’avvocata Filomena Zaccaria siete state ascoltate dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere; quali sono le novità legislative? La commissione porta avanti un lavoro di indagine proprio sulle situazioni di violenza istituzionale perpetrate a danno di quelle madri che, pur denunciando i mariti maltrattanti, sono accusate a loro volta di essere “madri adesivo”, “madri malevoli” o “pervadenti” nel caso in cui i figli non accettino di vedere il padre violento. Quale può essere il miglior augurio per queste donne? Oggi, 8 Marzo 2020, il mio pensiero va a quelle madri coraggio, a quelle donne che si fanno vivisezionare nelle aule di Tribunale e negli uffici delle assistenti sociali pur di far valere il diritto dei figli a vivere una vita protetta dalla violenza. Oggi sappiamo che la violenza istituzionale può e deve essere denunciata agli organi competenti e noi siamo accanto alle donne con le nostre avvocate e le nostre psicologhe. Sono solidale con tutte quelle donne che stanno rinviando la loro decisione di uscire dalle situazioni di violenza a causa del Codiv19. A loro dico che il centro antiviolenza non va in quarantena e che noi ci siamo. 8 marzo 2019