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1815 – 2015: NAPOLEONE NELLA STORIA

Tonino Saponaro ( direttore di TRCB)

 

Il 5 maggio 1821 è il giorno della scomparsa di Napoleone Bonaparte, uno dei più grandi e celebrati personaggi che la storia ricordi.

A giugno ricorrerà il bicentenario della Battaglia di Waterloo, la località nella pianura belga, che segnò la fine dell’Impero dei Cento Giorni.

Nessuno ha saputo celebrare poeticamente Napoleone come Alessandro Manzoni con il famoso “Cinque Maggio”, in cui l’Autore si erge a “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”, verso illuminanti per un epoca come la nostra che condanna, assolve, detrae, esalta… non avendo quasi mai la “misura delle cose”.

Anche Napoleone mancava di “misura delle cose”, ma in modo diverso, tanto che da superba altezza si dissolse nella polvere, come vuole Manzoni.

Voglio tuttavia citare le sensazionali espressioni di E. Tarle (Napoleone – Ed. Mursia):

“L’opera di Napoleone nel campo della teoria e della prassi militare, che ebbe una profonda influenza nella distruzione del feudalesimo e dell’assolutismo nell’Europa servile, è determinata dallo stesso fenomeno: la rivoluzione borghese creò quei mezzi dei quali Napoleone si avvalse in modo geniale. Non lui, ma la Rivoluzione rese possibili ed inevitabili i movimenti di massa, la tattica dell’ordine sparso congiunta alle colonne serrate, la grandiosità degli eserciti, la consapevolezza dei soldati, i nuovi principi del reclutamento; ma fu precisamente lui e non altri che dimostrò come si poteva approfittare di tutto questo e che cosa si poteva raggiungere. Nel campo militare egli si dimostrò un genio incomparabile, il più grande dei grandi; fu qui che apparve assai più in alto che in qualsiasi altro settore della sua multiforme attività…”

… e quelle del Cancelliere austriaco Principe di Metternich, uno dei più grandi diplomatici e statisti che annoveri la storia.

“(Napoleone) ascoltava le obiezioni che gli venivano fatte, le discuteva o le respingeva, senza uscire dal tono e dalla misura di una discussione di affari; e non ho mai provato il più piccolo imbarazzo a dirgli quello che pensavo che fosse la verità, anche quando non doveva piacergli. Come nelle sue idee tutto era chiaro e preciso, così l’azione non presentava ai suoi occhi nessuna incertezza o difficoltà. Le regole tradizionali non lo imbarazzavano affatto. Nella pratica come nelle discussioni andava dritto allo scopo, senza indugiarsi su considerazioni che per lui erano soltanto secondarie, e delle quali trascurava spesso l’importanza. La via diritta era quella che preferiva e la seguiva fino in fondo, se nulla gli consigliasse di allontanarsene. Ma anche senza essere schiavo dei piani concepiti, sapeva abbandonarli e cambiarli, se il suo punto di vista cambiasse, o se nuove combinazioni gli offrissero il destro di giungere alla fine per vie diverse. Aveva poche conoscenze scientifiche. I suoi partigiani hanno fatto di tutto per far credere che egli fosse un gran matematico. Ciò che sapeva di matematica non lo avrebbe collocato al di sopra di un qualsiasi ufficiale di artiglieria; ma le sue facoltà naturali supplivano alla scienza. Il suo istinto soltanto lo ha fatto diventare legislatore, amministratore e condottiero. La forma della sua intelligenza lo conduceva sempre verso il positivo. Odiava le idee vaghe, gli procuravano orrore i sogni dei visionari e le astrazioni degli ideologi, e chiamava chiacchiere vuote tutto ciò che non avesse in sé chiarezza ed utilità…”

Nei confronti della religione assumeva un atteggiamento “comodo”. Ci soccorre ancora il Principe di Metternich:

“Considerava il Cristianesimo come la base di qualsiasi vera civiltà; il cattolicesimo, come il culto più favorevole al mantenimento dell’ordine e della tranquillità nel mondo morale; il protestantesimo come una sorgente di disordini gravi”. (Memoires – Metternich).

Madame de Rémusat, una nobildonna aristocratica colta e giovane, amica e confidente di Giuseppina, moglie di Napoleone, subì dapprima il fascino magnetico del grande Corso, per poi divenire più obiettiva, se non proprio ostile… la tragedia delle donne: entusiaste, innamorate, affascinate, folli di sentimento ed infine pervase di odio eterno ed improvviso. Se esse assisteranno, infatti, ad una partita di calcio, non ammireranno mai gli eroi della pedata per quanto facciano in campo, bensì per il loro fascino (vero o presunto) e la loro munificenza.

Madame de Rémusat offre un ritratto inedito di Napoleone, che conferma quello che Nietzsche definisce “l’eterno femminino europeo”, che oggi ha conquistato anche molti uomini:

“Bonaparte è piccolo di statura e, in complesso, mal proporzionato perché l’eccessiva lunghezza del tronco fa sembrare più corto il corpo. Ha capelli radi e castani, occhi grigio-azzurri; il colorito giallastro quando Bonaparte era magro, diventò più tardi d’un biancore smorto. La forma della fronte, il taglio degli occhi, la linea del naso, sono veramente belli e ricordano da vicino le medaglie antiche. La bocca, piuttosto insignificante, appare più gradevole nel sorriso; i denti sono regolari; il mento è un po’ corto mentre la mascella è rude e quadrata; le mani e i piedi possono dirsi belli (e Bonaparte ci tiene molto).

Il portamento è sempre un po’ inclinato in avanti; gli occhi quasi sempre un po’ appannati, danno al suo volto, quando è tranquillo, un’espressione melanconica e meditabonda. Quando è animato dalla collera, lo sguardo diventa facilmente truce e minaccioso. Il riso, invece, gli sta bene, perché lo disarma e lo ringiovanisce. In quei momenti è difficile non lasciarsi incantare, tanto quel riso abbellisce e trasforma la sua fisionomia… Bonaparte mancava di educazione e non aveva cura delle forme: sembrava destinato irrevocabilmente a vivere sotto una tenda, dove le forme non esistono, o su un trono, dove tutto diventa lecito…”

Napoleone è uomo reattivo, talvolta irascibile, permaloso come si conviene al carattere etrusco, che “serpeggiava” in lui, con quel non so che di malinconico tipico del carattere toscano. Non ha simpatia per il Principe di Talleyrand, policromo  e mutevole Ministro dalle eccezionali doti politiche e diplomatiche, che egli definirà “m… in una calza di seta”. Non ha simpatia per il Generale Moreau, né per Benjamin Constant, che reggerà i “Cento Giorni” e che scriverà un libro proprio su questa breve epoca, che si chiuderà con la definitiva sconfitta francese.

Napoleone… l’uomo che sconvolse la vecchia Europa con le idee della Rivoluzione e con gli eserciti agguerriti nati proprio dalla stessa Rivoluzione, si tramutò da gigante in pigmeo nella fatale Waterloo, quando la Coalizione europea lo sollevò dal trono per gettarlo “nella polvere”.

“Non la salita, ma la china è terribile” (F. W. Nietzsche – Zarathustra).

A distanza di due secoli ciò che resta di Napoleone è l’individualismo ottuso ed esasperato. Ciò che resta della Rivoluzione Francese è un nuovo modo di concepire i rapporti umani… con l’altra faccia dello specchio in agguato.

Anche le idee migliori generano frutti “maligni”…

 

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