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BARI: PREMIO SIMBAD, FINALISTI SEZIONE NARRATIVA ITALIANA

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A cura di Magda Lacasella

 


LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
Il libro di Beatrice Masini è un singolare libro-oggetto (forse più corretto sarebbe stato citarne come co-autrice l’illustratrice Pia Valentinis): un ritratto da sketchbook, svelto quanto affettuoso, di uno dei più grandi autori di tutti i tempi. Un’icona sulla   quale la mole di bibliografia, e mitobiografia, ha assunto da tempo proporzioni sgomentevoli.  

Tenendosi con garbo e understatement al largo da qualsiasi ambizione critica, colpisce la semplicità non affettata con la quale s’intrecciano parole e disegni, e vengono cucite le une alle altre le frasI scritte per l’occasione e quelle estratte dal corpus poetico dickinsoniano.cop

 

Beatrice Masini, La cena del cuore. Tredici parole per Emily Dickinson

Illustrazioni di Pia Valentinis, rueBallu

SINOSSI – Il volume, scritto da Beatrice Masini, è dedicato alla poetessa    statunitense Emily Dickinson, considerata tra i maggiori lirici del XIX   secolo. Le illustrazioni di Pia Valentinis sottolineano con raffinatezza il   racconto. “Alla cena del cuore invitiamo le persone che ci sono più care. Che possano sempre dividere il pane e l’acqua, o il vino, con noi. Non è necessario che ci siano sempre, vere e vive e concrete, attorno a un tavolo. Magari sono lontane, o sono andate via. Ma se pensiamo a loro, se ci sono necessarie, è come se le invitassimo ancora e ancora a mangiare con noi, a restare con noi…”

Beatrice Masini è nata a Milano, dove vive e lavora. Giornalista, traduttrice (tra i suoi lavori i libri della saga di Harry Potter), editor, scrive storie e romanzi per bambini e ragazzi. I suoi libri sono stati tradotti in quindici paesi. Ha vinto nel 1999 il Premio Castello di Sanguinetto con il romanzo La casa delle bambole non si tocca (Salani), e nel 2004 il Premio Pippi con Signore e signorineCorale greca (Einaudi Ragazzi), il Premio Elsa Morante con La spada e il cuoreDonne della Bibbia (Edizioni EL) e il Premio Andersen come miglior autrice.

LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA – Con Panorama torna al romanzo, dopo sette anni di latitanza, uno dei più amati narratori della sua generazione. In questo periodo Tommaso Pincio ha alternato una quantità di “progetti speciali” – incursioni saggistiche e affondo autobiografici – al cui interno, in effetti, s’inserisce anche Panorama. Che, ciò malgrado, è un “vero” romanzo, dall’invenzione complessa e suggestiva quanto il sempre più riconoscibile stile del suo autore; ma è altresì un apologo, di rara intensità, sul senso e sui destini della lettura; nonché sulla nausea da lettura che, almeno una volta nella sua vita, ogni lettore appassionato finisce per affrontare.

 

Tommaso Pincio, Panorama, NNEpincio-panorama

SINOSSI – Ottavio Tondi non ha mai incontrato Ligeia Tissot. Si sono scritti messaggi per quattro anni sul social   network Panorama, l’ha vista in foto e ha passato un’infinità di ore a guardare il suo letto disfatto. Prima di quei   messaggi, Ottavio Tondi non aveva mai scritto nulla, non una parola né un appunto. Il suo lavoro e la sua vita   erano   dedicati alla lettura. Ma non era un lettore qualunque. Era il lettore, colui che aveva determinato la   pubblicazione del   più grande best seller di tutti i tempi, e che da allora decideva delle fortune dei romanzi in   libreria. Ma tutto questo   succedeva prima, prima dell’incidente di ponte Sisto, prima che il mondo smettesse di leggere i libri, prima che Ligeia   Tissot entrasse nella vita di Ottavio Tondi.

Tommaso Pincio scrittore e pittore, vive e lavora a Roma. Tra i suoi libri: M. (Cronopio), Un amore dell’altro mondo (Einaudi), La ragazza che non era lei (Einaudi), Cinacittà (Einaudi), Lo spazio sfinito (minimum fax), L’hotel a zero stelle (Laterza), Pulp Roma (Il Saggiatore). Collabora con quotidiani e riviste, tra cui: “Tuttolibri – La Stampa”, “Rolling Stone”, “il manifesto” e “la Repubblica”.

LA MOTIVAZIONE DELLA GIURIA – Non è invece un romanzo La festa è finita, convincente esordio del 32enne Eugenio Vendemiale. «Una confessione fasulla», la definisce l’autore: il quale però evita la trasandatezza svagata, che affligge gli esempi meno sorvegliati di un genere ormai quasi egemone come l’autofiction, grazie a una singolare forza di concentrazione saggistica (o pseudo-tale). Che aggiunge un tassello non trascurabile a quello che, in un tempo non così lontano, è stato un vero e proprio genere – il racconto “di droga” – ma che, chissà perché, risulta così poco diffuso, invece, ai nostri tempi: nei quali l’emergenza cui si riferisce, però, è tutt’altro che cessata.

 

Eugenio Vendemiale, La festa è finita, Caratteri Mobili

SINOSSI – La deriva di una generazione, quella di chi aveva vent’anni all’inizio del 2000, è narrata con cinica e divertita superiorità da un suo esponente. Attraversando molti vizi e poche virtù, fra droga e disimpegno, spaccio, feste e vita notturna, terrore dell’emarginazione quanto del lavoro, emerge un campionario umano incapace di accettare la normalità e allo stesso tempo troppo omologato per essere eccezionaleαρχείο λήψης (2)

Eugenio Vendemiale è nato a Bari nel 1983. Da circa dieci anni è persuaso che il corretto modo di vivere sia non fare   assolutamente nulla. A scapito di questa risoluzione ha lavorato come editor e grafico free-lance, trovando anche il tempo   di aprire e chiudere una mezza dozzina di blog. La festa è finita è il suo primo romanzo.

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