Sei qui
Home > Cronaca > Solange Marchignoli: l’avvocata accettò la difesa della donna che lasciò morire la piccola Diana

Solange Marchignoli: l’avvocata accettò la difesa della donna che lasciò morire la piccola Diana

di Cinzia Santoro

Solange Marchignoli è l’avvocata di Alessia Pifferi, due donne e due madri che s’ incontrano in carcere dopo la morte crudele della piccola Diana Pifferi.

I fatti
Quest’estate la donna decide di lasciare la bimba di appena 16 mesi, nel suo lettino, con un biberon di latte, forse dopo averle somministrato delle benzodiazepine
Per una settimana va a trovare il suo compagno, senza mai preoccuparsi di Diana, che muore sola e tradita da colei che l’ha partorita. Solange Marchignoli accetta la difesa della donna.

L’intervista

Solange Marchignoli

Avvocata Marchignoli lei è madre di due ragazzi e avvocata penalista. Cosa ha provato quando è stata contattata per difendere Alessia Pifferi?

Nulla, nessuna emozione perché l’avvocato penalista non può avere nessuna emozione nei confronti del cliente e del reato. Non ho alcuna emotività, il fatto che io sia mamma riguarda la mia vita personale ed è lontanissimo dalla mia professione. Difendo la signora Pifferi, come difendo anche chi è al 41 bis o chi ha commesso delitti efferati. Se io fossi colpita emotivamente da quel che leggo, ovviamente non sarei lucida intellettualmente, quindi non potrei difendere al meglio i miei assistiti. Il ruolo del penalista è proprio questo, difendere e viversi il processo per le sue regole. È come una presa a scacchi, a prescindere dal fatto che la signora sia stata mamma, che la vittima sia una bambina piccola, per me è la stessa cosa.

È stata vittima di minacce per questa sua scelta?

Si ci sono state minacce, ingiurie e di tutto e di più. Ora si sono calmati gli animi. Con molti che mi hanno aggredita verbalmente ho voluto parlare, discutere e ho spiegato qual è la mia posizione giuridica e cosa vuol dire far l’avvocato penalista. Si crea confusione ed è comprensibile perché il diritto penale ovviamente stride con l’etica. Con un ragionamento molto semplice, difendere una persona che ha commesso un reato non è eticamente giusto. Lo è da un punto di vista sociale perché chi ha commesso il reato ha il diritto alla difesa ma posso comprendere le persone che hanno rabbia nei confronti della signora Pifferi e asseriscono che non meriti la difesa. È una reazione di pancia comprensibile! Con molte di queste persone ho intrattenuto lunghe conversazioni alfine di far loro comprendere la mia posizione. Io non devo accompagnare il colpevole nel suo percorso ma devo difenderlo, perché in Italia non ci si può difendere da soli ma necessariamente bisogna avere un avvocato.

La signora Pifferi ha preso coscienza dell’ accaduto?

Solange Marchignoli
Solange Marchignoli

La signora Pifferi viveva e vive tutt’oggi una solitudine incredibile. Solitudine che ovviamente non deve e non può  arrivare alla commissione di un reato. Non si può neanche giudicare quello che ha commesso. I suoi vicini di casa che dicono ora che la signora Pifferi faceva questo, era così o altro, non sono che lo specchio della nostra società. Non siamo arrivati a una consapevolezza da un punto di vista emotivo perché la signora non trasmette emotività, quantomeno a me. Abbiamo cercato in tutti modi di far entrare consulenti per sottoporre la signora a visita medica psichiatrica e neuroscientifica, ma il Tribunale non l’ha concesso. Ovviamente le strane reazioni che la signora Pifferi ha, fosse anche di non rimpiangere ciò che ha commesso merita un approfondimento.

Quindi Alessia Pifferi non ha mostrato pentimento?

Pentimento è una parola sbagliata secondo me, perché non esiste il pentimento. È una parola fin troppo piccola per esprimere un disappunto verso qualcosa di così grave come la perdita di un figlio per mano propria.

La drammatica vicenda della piccola Diana può essere l’emblema dell’oscurantismo sociale che stiamo vivendo in questi anni? Solitudine, crisi della famiglia, degrado delle politiche sociali e di sostegno alla maternità possono aver contribuito alla tragedia?

La signora Pifferi secondo me, al netto del reato che ha commesso sul quale non voglio entrare nel merito, è sicuramente lo specchio della nostra società. Quando vado a parlare in televisione delle chat o dei social che la signora frequentava, ovviamente c’è questo finto perbenismo che si indigna perché la Pifferi frequentava Tinder ad esempio. Chattava con mille persone e molti si scandalizzano, io personalmente conosco donne, ragazze o signore, che frequentano chat per socializzare, vuoi perché hanno un carattere introverso o perché la vita non permette loro di frequentare luoghi o confrontarsi con altri. Dunque i social sono lo specchio di una realtà che esiste e il fatto che Alessia Pifferi chattasse su Tinder non cambia nulla. Anche se crediamo che questo social sia utilizzato a scopo sessuale io ho spiegato che chi rende erotica una chat non è Tinder, ma  chi scrive, perché anche Facebook o Istagram può esserlo se io scrivo in quel senso. In questo periodo gli incontri costante con gli psicologi la stanno aiutando a prendere coscienza e interiorizzare ciò che è successo. Ma non mi sento ancora di dire che la signora mostri pentimento, perché secondo me non ha ancora compreso la realtà. Ancora si sveglia al mattino dal carcere e spera che sia un brutto sogno. Sono convinta che sia un percorso molto lungo quello che dovrà fare la signora Pifferi.  Noi non abbiamo nemmeno parlato di reato e quello che volevamo come difensori era far entrare in carcere degli psichiatri che potessero analizzare la personalità della signora ma il Tribunale non lo ha concesso. Io le ho chiesto di scrivere un diario per conoscerla e in cui racconta di sé.

Alessia Pifferi

Quale sarà la linea difensiva?


Per definire una linea difensiva dobbiamo aspettare l’esito dell’autopsia e l’esito dell’incidente probatorio. Una volta che abbiamo chiaro il quadro definito dalla scienza, che ci dice di cosa è morta la bambina, sempre che si riesca a chiarire il come, allora potremmo decidere la linea difensiva. Sicuramente  non sarà scelta la strada dell’incapacità di intendere e di volere perché Alessia Pifferi è capace.

Ringraziamo l’avvocata per la disponibilità con cui ci ha concesso l’intervista. Nessun commento, solo una  riflessione sull’atroce fine di un essere indifeso, volutamente riportiamo una dichiarazione della signora Pifferi rilasciata nel corso di una telefonata al suo avvocato durante una trasmissione serale.

Dal carcere

Alessia Pifferi dice: “È una situazione molto dolorosa, devastante. Prendo degli antidepressivi, non ho più voglia di stare al mondo. Ho un dolore troppo forte, troppo grande. Parlo tantissimo con gli psicologi del carcere che mi aiutano anche se ci vorrà del tempo per superare l’accaduto, se si riesce. Quello che è successo a me non è una cosa semplice, io abbandonata da tutti non è semplice da superare. Io vorrei chiedere dove è sepolta e avere una foto di mia figlia. Io cercavo l’amore e un padre per mia figlia. Un uomo che sapesse ricoprire anche un ruolo di padre. So che mia figlia era la cosa più bella”.

Anche Diana è stata abbandonata da lei signora Pifferi, dalla famiglia, dalla società e dalle istituzioni che dovevano vigilare. 

Lascia un commento

Top