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La metafisica concreta secondo Massimo Cacciari

Metafisica concreta di Massimo Cacciari
Maria Silvia Quaranta

di Maria Silvia Quaranta

Grazia Paola Nicchia, Massimo Cacciari, Costantino Esposito e Adelina Bisignani
Grazia Paola Nicchia, Massimo Cacciari,
Costantino Esposito e Adelina Bisignani

Il 3 giugno presso il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, il prof. Massimo Cacciari ha presentato il libro “Metafisica Concreta” (Adelphi, 2023). Sono intervenuti la prof.ssa Grazia Paola Nicchia, prorettrice dell’Ateneo, e il prof. Paolo Ponzio, direttore Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica, che hanno portato i saluti dell’Università, il prof. Costantino Esposito, docente di Storia della filosofia, che ha dialogato con l’autore, e la prof.ssa Adelina Bisignani, docente di storia delle dottrine politiche, che ha coordinato l’incontro.

” La scienza si muove dinamicamente sul senso della vita e sulla conoscenza del territorio, per questo è necessario proteggere la conoscenza della conoscenza”, ha introdotto la prof.ssa Nicchia, seguita dal prof. Ponzio “il testo di Cacciari indica come la metafisica sia strettamente collegata con quello che accade oggi; nel corso dei secoli vari sviluppi della storia sono passati attraverso la metafisica e la filosofia con le domande sulla vita, sull’essere e sul reale”. Il volume muove dall’idea che la verità sia disvelata, intrecciandola con il nostro conoscere ed il senso ultimo della vita. In cosa consiste il nostro sapere? Cacciari pone la ricerca del senso su ciò che sappiamo, partendo da Hegel che risale dall’intelletto al pensiero, ripensando la cosa in sé e ciò che non è ancora, dove nella metafisica si trova l’osservabile e l’inosservabile.

Massimo Cacciari, Costantino Esposito e Adelina Bisignani
Massimo Cacciari, Costantino Esposito
e Adelina Bisignani

L’ultimo suo lavoro rappresenta l’ideale conclusione della trilogia iniziata vent’anni fa con “Dell’inizio”, con un’analisi sulla protologia, come indagine della realtà prima (dell’inizio di ogni cosa), passando a “Della cosa ultima” (qual è la destinazione dell’essere), dove si indaga sulla natura dell’essente, sull’essere e sul mondo. 

Il prof. Esposito ha intavolato l’incontro su quattro questioni affrontate in questo libro. Partendo dalla storia, quando la metafisica sembrava tornata alla vecchia condizione di regina abbandonata, dove Kant aveva cercato di riformularla come ontologia trascendentale da un lato e metafisica regolativa dall’altro. Ma oggi questo progetto appare obsoleto, perché la ragione sembra non riuscire più a tenere connesse queste pratiche, quella ontologica è quella etico-metafisica, in un orizzonte unitario. Il libro riprende l’idea indicata da Aristotele: il problema deriva dal significato che si vuole dare alla “metafisica classica”, soprattutto nel suo concetto di filosofia prima di Aristotele, come soluzione dei problemi che a livello fisico non si potevano dipanare, con il bisogno di postulare un’altra natura, un’altra physis. La fisica, infatti, non poteva risolvere i problemi della “causa, della sostanza prima” oltrepassati solo dalla metafisica, dove un’altra natura poteva produrre l’impatto e il relativo superamento. Il senso della metafisica classica consiste nella considerazione dell’essente in quanto essente, con la sua singolarità, un qualcosa che va continuamente ricercato senza arrivare alla sua radice, attraverso le diverse prospettive mai completamente allineate, che fanno crollare il mito dell’esattezza, della possibilità di calcolare in maniera univoca l’essente stesso.

Cacciari continua affermando che la metafisica (la salvezza dell’inacessibilità dell’essente) non è superata, è concretezza e non astrazione, ritornando a Kant, che interpreta Platone, quando afferma che non c’è un tempo assoluto (perché è una forma della soggettività) e dove lo spazio è altrettanto importante e determinabile. Occorre e si può recuperare, attraverso Kant, una nuova possibile intesa tra filosofia e scienza (nella relazione tra conoscente e conosciuto che sfugge ad ogni esattezza scientifica e che porta al bene), partendo dal principio che l’osservabile ha in sé l’inosservabile; questa relazione è agatologia, l’oltre ciò che può essere determinato, dove qualsiasi nostra navigazione è unica e ogni sua tappa ha in sé la precedente. La seconda questione risponde agli elementi di teoria: tra fisica e metafisica c’è una fusione, dove la scienza deve diventare metafisica e prendere consapevolezza del proprio limite. Importante appare il ruolo della filosofia che interroga tutto, anche la scienza, con un atteggiamento antidogmatico, come dice anche Dante. La scienza contemporanea è intrinsecamente filosofico-metafisica, ma per Cacciari esiste un problema di comunicazione tra filosofi e scienziati relativamente al formalismo del linguaggio scientifico che non deve ridurre ad una lotta, guardando allo sforzo dei grandi scienziati del 900 che fanno intendere l’evidenza del carattere filosofico all’interno del loro “fare scienza”, disponendosi alla comprensione dell’altro. La negligenza è soprattutto dalla parte dei filosofi nella loro ricerca di farsi comprendere, creando disconnessione invece di alimentare un dialogo costruttivo con conseguenze sociali, etiche e politiche pesanti. Con terza questione dell’essere pensiero o realtà e conoscenza, si entra nel cuore del volume, dove la metafisica cerca di cogliere l’intero ma staccandosene, nella possibilità di comprendere l’impossibile come pensiero del “non pensato o dell’impensato”. Riferendosi al pensatore russo Pavel Florenskij, l’espressione “metafisica concreta” potrebbe sembrare una provocazione ma è una colonna fondamentale della verità. Egli dice “per cogliere la verità, una, occorrerebbe uscire da sé stessi, dalla molteplicità che siamo e questo ci è decisamente impossibile; tuttavia, tra le crepe del raziocinio umano si intravede l’azzurro dell’eternità”. Nella parte conclusiva del libro si evince come i campi dell’esperienza concreta comportino al loro interno l’essere trascendente, con la ricerca di ciò che non si può determinare e osservare. Come dice Florenskij “è l’esperienza che si costituisce come possibile esperienza dell’impossibile”, riprendendo Severino, che viene vissuta da ogni uomo: infatti la nostra sete di sapere non ci porta a pensare che ogni impossibile sia possibile? Cacciari crede che sia il nostro carattere trascendente ad esprimersi attraverso l’idea che ogni impossibile sia possibile, dove noi non siamo mai soddisfatti di aver raggiunto un obiettivo, di arrestarci di fronte al possibile realizzabile, fenomenologia tipica dell’analitica dell’esserci dove questo arrendersi al muro dell’impossibile si esprime collocandosi nel disegno metafisico, come il poeta che cerca di dire l’indicibile, o il pittore che cerca di rendere visibile l’invisibile. Ma le logiche scientifiche ci insegnano che non c’è un teorema che ci possa dare il reale, perché il reale può essere raccontato soltanto secondo prospettive diverse. La domanda filosofica è: queste prospettive diverse possono comunicare tra di loro? Chi dovrebbe assolvere a questa missione se non il filosofo, nella consapevolezza che non esiste la Scienza che imbraga il tutto. C’ è una dottrina delle scienze che tenga insieme secondo la sua forma le diverse espressioni del sapere? Qui si colloca la missione storica e politica della filosofia. Certo la prospettiva specialista è inesorabile, connessa alla scientificità del moderno; la filosofia di fronte ai saperi particolari deve indagare la forma, dare ragione all’operato. Non c’è scienza se lo scienziato non sa dare ragione del proprio fare, del proprio senso. Questi sono i compiti che la filosofia deve assumersi e assolvere. Perché ci sia dialogo ci deve essere interesse, anche critico, da ambo le parti, ma la comunicazione è imprescindibile. L’ultima questione posta sul tavolo è sugli elementi di politica, dove la metafisica concreta è sempre stata determinante per la politica da Platone, a Macchiavelli, da Hobbs a Smith a Cacciari. A p. 414 egli scrive:” metafisico e il riconoscimento della dimensione metapolitica, che ogni fare politica, nel senso di costituire l’ordinamento della polis, ha sempre comportato” e questa non è solo una giustificazione delle ragioni della politica (fasi progettuali), ma anche una politica dell’impossibile, cioè recuperare l’insuperabile riserva escatologica.

Massimo Cacciari e Costantino Esposito
Massimo Cacciari e Costantino Esposito

Alla luce di ciò, l’esperienza di Cacciari come filosofo politico può mettere a fuoco questa dimensione oggi, nel collasso degli assetti del mondo contemporaneo: non è una mera domanda su una prassi dopo quella sulla teoria, ma sull’insieme della metafisica politica stessa. È necessario agganciarsi a un saggio di Max Weber sulla politica e sulla scienza come professione. Per combattere la prospettiva in base alla quale noi siamo messi tutti al lavoro  dall’apparato tecnico-economico e da chi lo governa, l’unica energia che può contrastare un processo che sembra inarrestabile in questa direzione (tutti occupati, tutti ingranaggi della macchina)  è quella che i due momenti fondamentali del lavoro e dello spirito, cioè  la dimensione filosofico-scientifica (di permanente interrogazione, radicalmente anti-dogmatica), e la dimensione politica (con una sua autonomia e l’intenzione di creare una comunità) creino un’alleanza, entrambe scoprendo la propria meta fisicità, per potersi mettere in comunicazione come interrogazione permanente del sé.  La città, o comunità, come la kallipolis di Platone, non si può ridurre alla dimensione tecnico- amministrativa, ma la politica deve riconoscere il suo carattere metafisico; una cosa è organizzare individui, atomi, altra cosa è quando si tratta di persone, agenti attivi animati dal non voler stare all’interno del meccanismo: è la democrazia di Spinoza, che viene da Macchiavelli. La politica così intesa ha in sé la metafisica e può portare ad una città di liberi, e si può realizzare solo se scienza e politica assumono una dimensione metafisica, altrimenti noi abbiamo la scienza “impiegata” nella ricerca e innovazione, per dar vita all’innovazione tecnico- economica con i conflitti che ne conseguono, e dall’altra parte una città che amministra il dominio del tecnico-economico. Quindi l’esistente si limita ad ubbidire al dominio tecnico-economico. Ecco allora che la filosofia deve recuperare la sua vocazione atopica, in quanto metafisica, non limitandosi alla sola dimensione tecnico- economico-amministrativa, acquisendo così un valido carattere politico.     

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