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Pensieri sulla creatività

di Piero Fabris

Cosa vuol dire essere artisti?  Spesso me lo chiedo giacché tal parola la sento stridere sulla bocca di tanti e mi piange il cuore vedendoli, in troppi, far a gomitate, non per una bella idea, magari originale, quanto per star in prima fila sui palchi dove i riflettori meglio si riflettono sui loro visi. L’artista è colui che cerca forme e mezzi di supporto per far veicolare un sentimento, condividere una visione che nel suo sentire scalcia, ma scalcia così forte che anche se è notte alta si leva dal giaciglio per  trovare penna, matita e pennello perché non scivoli nel pozzo dell’oblio. L’emozione o il lampo nel quale nasce l’opera artistica ha i lineamenti di chi la partorisce e prima di mostrarla in pubblico si preoccupa che abbia le misure giuste e l’energia con la quale le è nata dentro. L’artista vero, prova e poi riprova finché le note che la compongono non siano corrispondenti alla propria narrazione.

Canto onirico” disegno di Piero Fabris

Un artista non porta a sé, ma si preoccupa di giungere all’altro, di essere, in altri termini, come un diapason che con le sue onde invisibili e potenti, riesce a toccare le corde degli animi, riesce a destarli fino a renderli consapevoli di quell’intorno con la natura meravigliosa che ci circonda con un gesto, suono, voce, colore, segno. L’artista studia, ricerca continuamente, trovando la giusta composizione, il linguaggio, la nota che nell’immediato sappia rappresentare quello stato vertiginoso, allegro o doloroso che troppo spesso annega o si scolora. Il vero artista è semplicemente un servitore, mai uno schiavo del sistema che trasforma l’essere in un gregge votato al consumo. Già, queste mie righe sono retorica! Ma oggi quanti sono e quali sono gli artisti che in sintonia con i giorni di tempesta o quiete, sanno trovare le giuste parole per l’umore alterno, uggioso e gaio, nel quale specchiarsi e riferire all’altro con verbo deciso del proprio stato? Incontro scribacchini, improvvisati animatori culturali, imbratta tele la cui unica altezza è la presunzione e l’ignoranza, frastornati dal plauso ipocrita dei maestri dell’adulazione.

“Pensieri Lunari” disegno di Piero Fabris

In botteghe d’Arte ho visto allievi all’opera, imparare la grammatica, l’a b c dell’arte, attenti a imparare sperimentando, piuttosto che cercare facili consensi, si chinavano davanti alle Dee per imparare cosa sia la divina proporzione, oppure capire cosa sia l’accordo perfetto. E intanto vengo asfissiato da pagine e pagine di egotici signori dal verso sciatto e installazioni rozze dietro le quali non vi è un pensiero né una ragione che giustifichi l’occupazione di un luogo. Quanti ci chiedono di scrivere su di loro per avere una visibilità che non meritano! E tanti, come pulci, saltellano da un evento all’altro per essere immortalati con quanti con fatica son giunti in vetta all’Olimpo, baciati dalle muse perché la propria arte è sintesi, è frutto serio di un sapere intelligente e profondo che dopo aver tanto imparato sono capaci di stravolgere e offrire nuovi sentieri sui quali l’arte nuova può danzare sollevando i sipari oscuri dell’ignoranza invadente. Di Artisti autentici abbiamo bisogno, che sappiano essere cassa di risonanza. Di bambinetti invecchiati con le loro trombette, boriosi e ipocriti ne abbiamo piene le tasche. Ci si stanca a far carambola tra certi eventismi. Per fortuna ci sono gli eterni esordienti che instancabili continuano a lavorare e sono gemme di primavera, sono primule per circoli raffinati.      

7 ottobre 2024

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